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A che punto è la ricerca sull'AIDS?

A che punto è la ricerca sull'AIDS?

La scienza compie grandi passi in avanti ma la ricerca contro l'Aids non si ferma. L'obiettivo resta prevenire la trasmissione del virus.

Solo in Italia, nel 2014, sono state riportate 3.695 nuove diagnosi di infezione da HIV pari a 6,1 nuovi casi per 100.000 residenti. Questa incidenza pone l’Italia al dodicesimo posto tra le nazioni dell’Unione Europea. Nel 2014 sono stati segnalati al COA 858 casi di AIDS, pari a un’incidenza di 1,4 nuovi casi per 100.000 residenti. Oltre il 50% dei casi di AIDS segnalati nel 2014 sono osservati in persone non consapevoli di essere HIV-positive. La maggior parte delle persone con infezione da HIV (92,6%), seguita presso i centri clinici di malattie infettive, è in terapia antiretrovirale.

È di pochi giorni fa la notizia di una nuova sperimentazione per un vaccino contro il virus HIV. Il test sulla popolazione ha preso avvio in Sudafrica, il primo di nuovo sviluppo in sette anni. Lo ha annunciato il National Institute of Health statunitense, che finanzia il progetto. Il vaccino che sarà testato è una versione "rinforzata" dell'unico che ha fin qui dato segno di offrire qualche protezione in un trail in Thailandia nel 2009. Il test prevede la partecipazione di  5400 uomini e donne tra 18 e 35 anni in tutto il paese, dove il contagio ha assunto dimensioni enormi: oltre mille infezioni al giorno. La versione precedente ha mostrato un'efficacia del 31,2% nella protezione, che gli esperti sperano di aumentare con un cambiamento in alcune componenti e nel calendario di somministrazione, con i primi risultati che dovrebbero arrivare nel 2020. «Se impiegato insieme alle armi che abbiamo attualmente contro il virus un vaccino efficace potrebbe essere il chiodo finale nella bara dell'Hiv - afferma Anthony Fauci, direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases -. Anche un vaccino moderatamente efficace potrebbe diminuire significativamente il peso della malattia in paesi e popolazioni ad alto tasso di infezione». 

Secondo i dati più recenti (aggiornati al 2012) resi noti dalle agenzie afferenti all’Onu (Organizzazione Mondiale per la Sanità, Unicef e Onusida) la mortalità per Aids è calata del 22% e il numero di infettati è diminuito del 17%.

Gli enormi progressi compiuti dalla scienza negli ultimi anni, infatti, hanno fatto sì che le persone sieropositive possano convivere con un’infezione da Hiv per molti anni e si calcola che l’accesso alle terapie antretrovirali abbia salvato la vita a 700mila persone solo nel 2010.

La scoperta di queste terapie ha rappresentato un autentico punto di svolta nella lotta all’Aids: 20 anni fa bisognava assumere anche 28 compresse al giorno, oggi invece ne bastano al massimo un paio per riuscire a tenere sotto controllo la malattia e anche per rendere il Virus meno aggressivo e quindi meno Contagioso. Ma la scienza non arresta i suoi sforzi e continua a cercare non solo un vaccino che possa prevenire la trasmissione del virus, ma anche nuove e più innovative terapie che possano addirittura eradicare l’Hiv.

In questa direzione vanno gli sforzi di team di studiosi che negli ultimi mesi hanno ottenuto risultati importanti che sono balzati agli onori della cronaca internazionale. Il primo caso riguarda il cosiddetto 'paziente di Berlino': Timothy Brown, sieropositivo e affetto da una leucemia, è stato sottoposto a un trapianto di midollo con cellule prelevate da un donatore portatore di una doppia mutazione CCR5 delta-32, nota per essere in grado di rendere l’Organismo particolarmente resistente all’Hiv. A distanza di cinque anni nell’organismo di Timothy non c’è più traccia del virus.

Il secondo caso riguarda una neonata sieropositiva che è stata sottoposta a terapie antiretrovirali nelle dosi indicate per i pazienti adulti nelle sue prime trenta ore di vita. A distanza di due anni non c’è più alcun segnale della presenza del virus nell’organismo della bambina. Questi due casi dimostrano da un lato l’enorme e instancabile interesse nei confronti della ricerca contro l’Aids, dall’altro l’importanza di dare inizio quanto prima possibile alle terapie.

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L'AIDS è la sindrome provocata dal virus HIV e comporta un drastico abbassamento delle difese immunitarie nell'individuo infettato.
Ultimo aggiornamento: 01 Dicembre 2016
4 minuti di lettura
Commento del medico
Dr. IOVINELLA VINCENZO
Dr. IOVINELLA VINCENZO
Specialista in Malattie infettive e Medicina legale

L’infezione da HIV è molto cambiata nel tempo: si è passati dall’epoca in cui la diagnosi di AIDS equivaleva a sei mesi di sopravvivenza media, all’impiego di farmaci sempre più potenti che associati fra loro, hanno cronicizzato la malattia per cui, oggi, sempre più spesso i pazienti conducono una vita regolare.

Inoltre a tutti è noto che per questo virus non c’è la possibilità di una profilassi vaccinica, essendo per il momento difficile immaginare uno strumento di prevenzione di questo tipo. Per tutto quanto detto, alcune notizie, riguardanti presunte guarigioni, destano l’interesse della stampa mondiale che funge da cassa di risonanza a questi eventi, nella speranza che si possa giungere presto a debellare definitivamente la malattia.

È bene chiarire che le attuali terapie sono soppressive del virus ovvero vanno a bloccare la replicazione virale ma, al momento, la terapia resta a tempo indefinito: nessuno può prevedere la sospensione della cura una volta che questa sia cominciata. In questo scenario si collocano le ultime notizie su due casi di presunta guarigione che possiamo definire aneddotici, per l’esiguità dei casi, ma che testimoniano l’interesse dei ricercatori a cercare soluzioni alternative alla terapia standard.

In questi due casi, molto diversi tra loro, c’è stata da un lato l’esaltazione della terapia antivirale che, utilizzata in dosi massicce in un neonato, ha consentito di abbassare la viremia al di sotto dei livelli di lettura della normale soglia di rilevabilità degli attuali test commerciali, relegando il virus in una presenza così piccola da non essere in grado di offendere l’ospite.

Nell’altro caso, invece, si è agito su un uomo adulto, sieropositivo da molto tempo. Essendo questi affetto da una grave forma di leucemia, si è pensato ad un trattamento con cellule staminali prelevate da un donatore che aveva una mutazione del gene CCR5, nota per essere legata a una maggiore resistenza all’HIV. Questa mossa ha comportato la scomparsa del virus che, ormai, si mantiene da circa 5 anni, in assenza di terapia antivirale.

Nel primo caso ci sono state una serie di circostanze importanti: una malattia giovane, trattata pesantemente con una triplice terapia. Situazioni difficilmente ripetibili ma che aprono uno spiraglio allo strapotere del virus quando quest’ultimo viene aggredito prima che possa annidarsi nei siti che costituiscono il serbatoio virale.

Nel secondo caso, per il trattamento della leucemia è stato utilizzato un trapianto di cellule staminali. Il trapianto prevede, nella sua fase iniziale, la distruzione delle cellule del midollo osseo e di conseguenza, in questo caso, anche delle cellule infestate dal virus. Poi sono state trapiantate, per la ricostituzione del nuovo midollo, cellule staminali progenitrici aventi la mutazione del gene CCR5 che sono più resistenti all’infezione dell’HIV.

La tecnica di trapiantare cellule con la mutazione del gene CCR5 è stata sicuramente un’ottima mossa e, in un certo qual modo, sicuramente potrà rappresentare un filone di studio interessante. Come descritto si tratta di due casi diversi tra loro ma che, difficilmente possono dare vita a modifiche delle attuali linee guida di terapia, più probabilmente, questi casi, costituiscono uno stimolo nuovo per i ricercatori per poter giungere alla definizione di una terapia eradicante e non più solo soppressiva del virus.

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