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Alopecia: una cura contro lo stress potrebbe combatterla

Alopecia: una cura contro lo stress potrebbe combatterla

Nuove scoperte sul fronte della lotta alla calvizie: combattere lo stress potrebbe rappresentare un valido trattamento per l'alopecia.

Una cura generalmente usata per combattere lo stress potrebbe rivelarsi efficace anche contro l’alopecia. A scoprire le inedite proprietà della astressina-B, molecola già nota in ambito clinico per contrastare gli effetti dello Stress sull’apparato gastrointestinale, è stato un team di scienziati dell’Università della California guidati da Million Mulugeta.

La scoperta è stata del tutto casuale: i ricercatori stavano esaminando gli effetti della molecola sullo stato di salute dell’intestino, ma hanno osservato con stupore che la astressina-B riusciva a far ricrescere la peluria nei topi. Secondo quanto illustrato dallo scienziato californiano sulla rivista scientifica Plos One, la scoperta potrebbe aprire la strada a nuove opportunità di trattamento per la calvizie e l’alopecia femminile e maschile.

Secondo i dati, in Italia soffrono di calvizie, soprattutto della forma più comune di Alopecia, l’alopecia androgenetica, circa undici milioni di persone, un terzo delle quali sarebbero di sesso femminile; negli Stati Uniti il problema è estremamente diffuso e sembra interessare una percentuale tra il 30 e il 33 per cento delle donne statunitensi.

La ricerca scientifica sta studiando da anni la Patogenesi della calvizie e sta lavorando con celerità per mettere a punto cure sempre più innovative ed efficaci. È il caso della recente scoperta sulla telomerasi, un enzima scoperto nel 2009 che rallenta l’invecchiamento cellulare perché mantiene integra la lunghezza dei telomeri (la parte terminale dei cromosomi, che si accorcia man mano che gli anni passano) e che, secondo uno studio californiano condotto da Carol W. Greider e Jack W. Szostak, riuscirebbe ad infoltire la chioma. Unica controindicazione: i capelli ricrescono bianchi.

Gli studiosi hanno osservato che la telomerasi iper-espressa riesce a favorire la ricrescita dei peli nei topolini, ma siccome i melanociti sono invecchiati e hanno esaurito la propria capacità di colorare il pelo, i capelli ricrescono senza colore.

Adesso le nuove speranze sono affidate allo studio del gruppo di Mulugeta che, dopo aver fatto l’inattesa scoperta sui topolini, ha ipotizzato che modulando i recettori degli ormoni dello stress (in particolare l’ormone corticotropina) si potrebbe contrastare la calvizie causata dall’invecchiamento.

Ultimo aggiornamento: 18 Maggio 2023
3 minuti di lettura
Commento del medico
Dr. Antonio Del Sorbo
Dr. Antonio Del Sorbo
Specialista in Dermatologia e venereologia

La corticoliberina (nota anche come CRH, CRF o ormone dello stress) è uno dei principali neurotrasmettitori ipotalamici coinvolti nella risposta biochimica allo stress e fu descritta già nel 1981.

Essa svolge la sua azione legandosi a speciali recettori (es. CRF1aR, CRF1b, CRF2aR, CRF2bR, CRF2cR, CRF3, etc), localizzati in diversi distretti corporei (es. adenoipofisi, neuroni del nucleo paraventricolare, cute, sistema immunitario, etc). Una volta legata ai recettori dell'adenoipofisi, la corticoliberina induce la produzione di ACTH (adrenocorticotropina), che a sua volta induce la produzione periferica di cortisolo (pathway biochimico della risposta allo stress nell'uomo).

In particolare, i recettori CRF1, di cui si conoscono almeno 2 sottotipi (CRF1aR e CRF1b) sono stati descritti nel 1993 e sono presenti oltre che nel sistema nervoso centrale anche in molti organi periferici, compresa la cute. I recettori CRF2, di cui si conoscono 3 sottotipi (CRF2aR, CRF2bR e CRF2cR) sono stati scoperti nel 1995, mentre i recettori CRF3 sono stati riscontrati nel 2001 nel pesce gatto, ma non ancora nell'uomo.

Già da alcuni anni, sono stati isolati dalla pelle delle rane (notoriamente glabra), neuropeptidi con azione simile alla corticoliberina (es. sauvagina, dermorfine, etc). In questi ultimi anni, sta aumentando il numero di studi sugli antagonisti dei recettori della corticoliberina (es. antalarmine, antistressine, pirrolopirimidine, etc) per verificarne gli effetti ansiolitici, su diversi organi. Persino alcune benzodiazepine, utilizzate da anni come ansiolitici, sembrano modulare la produzione di corticoliberina.

Nei topi, un eccesso di corticoliberina si associa ad un vistoso diradamento dei peli, fenomeno invertito da alcuni inibitori del CRF come l'antistressina B. Nell'uomo vi sono alcune forme di diradamento in cui la componente stress può avere un peso molto importante (es. telogen effluvium) e lo studio degli antagonisti recettoriali del CRF, rappresenta un buon filone d ricerca anche in dermatologia sperimentale, per lo studio di quelle forme di calvizie (es. alopecia androgenetica o AGA) per le quali le molecole più efficaci e maggiormente utilizzate (es. finasteride, minoxidil, etc) sono state scoperte alla fine del secolo scorso.

Anche in dermatologia sperimentale vi è molto entusiasmo per questa nuova classe di composti, ma andrebbero evitati euforismi, in quanto si tratta per ora di esperimenti condotti in laboratorio, i cui risultati, seppur incoraggianti sul piano sperimentale, sono ancora lontani da un'applicazione pratica. Al momento della visita dermatologica, lo specialista spiega al paziente, in base al tipo di diradamento (es. alopecia areata, alopecia androgenetica, telogen effluvium, defluvium post partum, etc) la terapia più idonea tra quelle attualmente disponibili, in attesa di nuovi studi, che possano confermare anche nell'uomo, sicurezza ed efficacia di possibili nuovi farmaci anticalvizie.

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