Gestione del Dolore e riduzione dei tempi di recupero: sono questi gli obiettivi principali da perseguire nel trattamento del paziente con frattura vertebrale. E le nuove tecniche a disposizione degli specialisti offrono interessanti opportunità. Un esempio?
La vertebroplastica percutanea è una procedura terapeutica mini-invasiva che utilizza le tecniche di imaging e non richiede l’anestesia generale. La tecnica prevede un’iniezione di cemento biocompatibile all’interno delle vertebre fratturate attraverso la pelle; l’iniezione viene praticata utilizzando speciali aghi metallici che vengono inseriti direttamente nelle vertebre e non provocano dolore.
Il cemento si solidifica nel giro di un quarto d’ora circa, dopodiché il paziente resta a letto a riposo per qualche ora e viene dimesso il giorno successivo senza dover seguire particolari accorgimenti. Questa metodica, che dura circa trenta minuti, può essere applicata anche ai pazienti anziani o con problemi cardio-polmonari che non possono essere sottoposti a un intervento con Anestesia generale e che vengono dimessi, in media, nell’arco di due giorni.
In Italia una frattura vertebrale su tre è causata da osteoporosi e si verificano circa 100mila fratture vertebrali da osteoporosi l’anno; il trattamento convenzionale prevede una terapia antalgica e l’immobilizzazione per 4-6 mesi. Oggi due terzi delle fratture vertebrali non vengono nemmeno diagnosticate perché sono spesso paucisintomatiche e caratterizzate da dolore variabile, da moderato a serio.
Quando non è indicata la Vertebroplastica percutanea? Nei pazienti asintomatici e nei pazienti in cui sono compromesse le strutture nervose, mentre va usata con cautela nei pazienti con tumori. La tecnica permette un’eliminazione del dolore rapida e significativa.