Se si guarda ai grandi progressi compiuti in ambito scientifico nell’ultimo anno non si possono ignorare quelli legati all’utilizzo delle tecnologie in 3D per stampare organi e tessuti.
Una nuova frontiera, quella del bioprinting, che promette grandi cose in ambito CLINICO e scientifico. Solo qualche giorno fa alcuni ricercatori dell’Università di Cambridge, guidati da Keith Martin e Barbara Lorber, sono riusciti a produrre con la tecnologia a stampa 3D dei tessuti della retina in topi adulti.
Grazie al bioprinting gli scienziati hanno stampato con una stampante piezoelettrica a getto di inchiostro tessuti di cellule gangliari, cioè le cellule deputate all’invio di informazioni dall’occhio verso il cervello, e di cellule gliali, che proteggono i neuroni e ne favoriscono la funzionalità.
E ancora, nello scorso anno sono state gettate le basi per la realizzazione di tessuti epatici in 3D, al punto che gli scienziati si dicono certi di poter sviluppare entro la fine del 2014 un fegato umano che potrebbe essere impiegato efficacemente nella ricerca e nello sviluppo di nuovi farmaci.
Ma come funzionano le stampanti 3D? Queste stampanti utilizzano inchiostro di cellule staminali e stampano del Tessuto che può essere utilizzato per creare delle strutture più complesse con l’ausilio di un idrogel che fa da collante. Queste nuove scoperte possono rivelarsi estremamente utili per la ricerca scientifica e farmacologica, per una migliore comprensione dei meccanismi di funzionamento degli organi, ma anche per rigenerare tessuti danneggiati o addirittura per i trapianti d’organo.
Grandi speranze sono riposte in Stuart K. Williams e nel suo team del Cardiovascular Innovation Institute della University of Louisville che hanno annunciato di essere in grado di produrre entro l’anno il primo Cuore umano stampato in 3D. Per adesso Williams è riuscito a stampare piccoli vasi sanguigni che potranno essere connessi tra loro e collegati ai tessuti cellulari. Il prossimo passo sarà quello di provare ad ottenere vasi sanguigni più grandi.