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Raccontare la malattia per elaborare emozioni e paure

Raccontare la malattia per elaborare emozioni e paure

Comunicare, condividere ed elaborare la propria malattia: è l'approccio della Medicina Narrativa che si sta diffondendo anche in Italia.

Raccontare per favorire una comunicazione efficace tra medico e paziente, per elaborare la propria malattia, per mettere a fuoco i propri bisogni. Sono solo alcuni dei tratti distintivi della Medicina Narrativa, un approccio che da qualche anno si sta diffondendo anche in Italia e che mette al centro le storie di malattia.

Poesie, disegni, racconti: le forme sono le più varie, tutte tese a raccontare l’esperienza della malattia. Un’esperienza che può essere testimoniata da chi la vive - che in questo modo può esprimere dubbi, paure, stati d’animo, emozioni e sciogliere l’irrequietezza - ma anche da familiari e terapeuti, che possono condividere l’esperienza della malattia narrando a loro volta e dando voce al proprio vissuto.

La celebre infermiera inglese Florence Nightingale diceva che spesso i “pazienti soffrono di cose ben diverse da quelle indicate sulla loro cartella clinica. Se si pensasse a questo, molte loro sofferenze potrebbero essere alleviate”.

In tal senso la narrazione rappresenta non soltanto un momento di sfogo emotivo e liberatorio, ma anche un’occasione per rielaborare ciò che è accaduto e ciò che il paziente sta vivendo in quel momento.

E quanto sia importante per i pazienti e i familiari poter raccontare il proprio vissuto emerge anche da un’indagine condotta da GFK Eurisko su 2134 persone, il 26% delle quali pazienti e il 32% caregivers: una persona su due vorrebbe essere posta più al centro del percorso diagnostico e terapeutico e la maggior parte delle persone dichiara che il desiderio principale è quello di poter raccontare la propria malattia per trovare consigli, sentirsi meno soli, superare momenti di angoscia e sfogare la rabbia. Inoltre per l’86% dei soggetti è importante poter parlare di sé e condividere le proprie sensazioni.

Ma la Medicina Narrativa può vedere in prima linea, nelle vesti di narratori, anche i medici e gli infermieri, per i quali questa disciplina rappresenta uno strumento terapeutico a supporto.

Ad esempio la stesura di una “cartella clinica parallela” che non sia solo la fotografia dell’Anamnesi del paziente, ma soprattutto delle sue esperienze, del suo vissuto e della sua biografia può rivelarsi utile nel miglioramento del rapporto e della comunicazione tra medico e paziente e nell’ottimizzazione del processo terapeutico.

Ultimo aggiornamento: 08 Giugno 2015
3 minuti di lettura
Commento del medico
Dr. Mario Alberto Clerico
Dr. Mario Alberto Clerico
Specialista in Oncologia

Mario Clerico
La medicina degli ultimi anni è cambiata profondamente: grazie ai progressi tecnici e all’invecchiamento della popolazione sono diventate prevalenti le patologie croniche, che richiedono impegno e modalità organizzative completamente diverse.

Ad esempio, per curare un’appendicite acuta o una polmonite sono abbastanza chiare le scelte da compiere. Non è così, invece, nei confronti delle malattie croniche (tra le quali la maggior parte dei tumori), dove i trattamenti, lunghi e complessi, comportano profondi cambiamenti di vita e impongono la condivisione degli obiettivi e delle strategie.

I medici si sono dunque trovati nella necessità di conoscere meglio le storie dei loro pazienti, per decidere insieme i programmi di cura. In pratica, hanno imparato ad ascoltare di più, passando da una medicina paternalistica, dove il medico sapeva cosa era meglio per la salute del paziente, ad una medicina partecipata e condivisa.

Per approfondire leggi l'intervista.

 

Maria Giulia Marini
Si deve andare oltre, però, al comune modo di pensare che questa disciplina serva solo a fare da contenitore di emozioni negative, di sfoghi e di sofferenze. La Medicina Narrativa non è un’operazione solo luttuosa, bensì un’attività che richiede consapevolezza, e che offre a chi la pratica la possibilità di comprendere le diverse sfaccettature dell’essere umano e il suo immenso potenziale, anche in situazioni di malattia.

E possiamo anche citare un grande pensatore del nostro tempo, Nicholas Taleb, che nel suo ultimo libro “Antifragility”, supera il concetto di resilienza e conia quello di antifragilità: si può passare dall’idea dello stress post traumatico a quella di una crescita post traumatica.

In mitologia questo significa passare dalla definizione di malattia come “spada di Damocle” sopra la testa – e rischiare di avere la testa mozzata, a quella dell’Idra, non più vista come mostro, ma come creatura che si può permettere plurimi tagli di testa. Tanto ricrescono. La creatura antifragile sa che cadrà ma non si romperà: anzi farà tesoro dell'esperienza.

Ecco, rispetto alla visione corrente della Medicina Narrativa, generalmente stigmatizzata come luogo di sofferenza, essa non lo è in toto: ha dei momenti in cui può essere triste e dolorosa, ma anche dei momenti di grande benessere e soprattutto serve a trovare uno stile nella convivenza con la malattia.

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