L'ipertensione arteriosa come fattore di rischio cardiovascolare
L'ipertensione arteriosa rappresenta senza dubbio uno dei principali fattori di rischio per lo sviluppo di ictus, infarto del miocardio, insufficienza renale ed altre complicanze cardiovascolari e renali. La riduzione dei valori pressori risulta in grado di prevenire lo sviluppo di una considerevole percentuale di tali complicanze.
È stato dimostrato che il rischio cardiovascolare e i valori di Pressione arteriosa sono legati fra loro in maniera 'continuativa', intendendo, con questo termine, che non è stato identificato un valore di pressione al di sotto del quale il rischio non continui a ridursi.
Inoltre, l'ipertensione arteriosa si presenta raramente come fattore di rischio isolato rispetto ad altri fattori di natura aterogenica con i quali essa si associa determinando una condizione di potenziamento reciproco che accresce l'entità del rischio soggettivo.
I fattori di rischio Cardiovascolare sono quelle caratteristiche che, quando presenti, fanno prevedere una maggiore probabilità di sviluppare nel tempo malattie cardiovascolari ed essi si differenziano in fattori non modificabili e modificabili.
Fattori non modificabili:
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età
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sesso
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familiarità per eventi cardiovascolari prematuri.
Fattori modificabili:
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ipertensione arteriosa
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fumo
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aumento del colesterolo totale e LDL
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diminuzione del colesterolo HDL
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ipertrofia cardiaca
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diabete mellito
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obesità
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vita sedentaria.
Fra i fattori non modificabili per età si intende un'età familiarità, si fa riferimento, invece, ad eventi 'precoci', cioè avvenuti in un età prematura e rispettivamente
Il rischio cardiovascolare nei pazienti ipertesi
Per i livelli di pressione arteriosa il rischio cardiovascolare è proporzionale al valore di pressione arteriosa: più elevata è la pressione, più alto è il rischio di eventi cardiovascolari. Quando si menziona il rischio aggiuntivo cardiovascolare nel paziente iperteso, si fa riferimento alla probabilità di eventi cardiovascolari in un periodo di follow-up di 10 anni. Il rischio può essere calcolato in termini relativi e assoluti. Il rischio relativo rappresenta l'espressione percentuale di quanto la prevalenza di un evento puo essere aumentata per la presenza di ipertensione.
Il rischio assoluto fornisce una stima di tale differenza in termini di eccesso numerico di eventi. Gli eventi a cui il rischio cardiovascolare può influire nel follow-up della malattia ipertensiva sono l'ictus, l'infarto del miocardio e l'insufficienza cardiaca e/o renale.
Ictus cerebrale
È la terza causa di morte in assoluto. I valori di pressione arteriosa sono positivamente e continuativamente correlati al rischio di ictus. Nei soggetti di mezza età una differenza abituale di PA diastolica di 5 mmHg comporta una differenza nel rischio di Ictus del 35-40%.
Infarto del miocardio
Anche se l'ipertensione ne rappresenta un importante fattore di rischio tuttavia gli elevati valori pressori esplicano un ruolo meno esclusivo rispetto all'ictus in questo quadro patologico e tutto ciò può dipendere dalla multifattorialità della malattia coronarica.
Insufficienza cardiaca
L'entità della correlazione è meno evidente che per l'ictus e la coronaropatia, però dati presenti in letteratura suggeriscono che:
- in presenza di ipertensione il rischio di scompenso cardiaco è 6 volte superiore;
- ogni riduzione di 5 mmHg di PA diastolica si associa ad una riduzione di almeno un quarto del rischio di insufficienza renale.
Insufficienza renale
Un dato recente documenta che la proporzione dei pazienti ipertesi che va incontro ad insufficienza renale terminale risulta oggi progressivamente crescente ed in controtendenza rispetto al trend delle complicanze cardiovascolari maggiori (ictus ed infarto).
Stratificazione del rischio cardiovascolare negli ipertesi e Classificazione ESH/ESC 2003
Il rischio cardiovascolare in un iperteso varia in base alla coesistenza o meno di ulteriori fattori di rischio, quindi un certo valore pressorio può porre indicazione al trattamento farmacologico in un paziente al alto rischio aggiuntivo mentre lo stesso valore può rimandare l'indicazione al trattamento in un paziente a basso rischio.
Nelle linee guida per il trattamento dell'ipertensione arteriosa redatte nel 2003, le Società europee di Ipertensione e di Cardiologia – European Society of Hypertension (ESH) ed European Society of Cardiology (ESC) – hanno sottolineato l'importanza non solo della classificazione dei pazienti ipertesi sulla base dei valori pressori ma soprattutto hanno evidenziato il rilievo che ha il profilo di rischio cardiovascolare del singolo paziente.
Conseguentemente l'obiettivo del trattamento del paziente iperteso è rappresentato dalla massima riduzione del rischio cardiovascolare globale. Per raggiungere tale obiettivo, soprattutto nei pazienti a più alto rischio aggiuntivo cardiovascolare, è necessario che la pressione arteriosa sia ridotta anche a valori almeno inferiori di 140/90 mmHg.
Le linee guida l'ESH/ESC hanno definito cinque categorie di rischio aggiuntivo cardiovascolare assoluto: nella media, basso, moderato, elevato e molto elevato. Il calcolo è stato fatto in base ai dati sul rischio medio di decesso per cause cardiovascolari, di ictus non letale o di infarto miocardico non letale. Il metodo prende in considerazione, in aggiunta al grado di ipertensione e cioè all'entità dei valori pressori la concomitante assenza o la presenza di non più di due o di tre fattori di rischio, di danno degli organi bersaglio, di diabete mellito o di condizioni cliniche associate.
Fra i fattori di rischio cardiovascolare utilizzati per la stratificazione vengono considerati:
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Livelli di pressione sistolica e diastolica
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Sesso maschile > 55 anni, Sesso femminile > 65 anni
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Fumo
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Colesterolemia totale > 250 mg/dl e/o LDL > 155 mg/dl e/o HDLFamiliarità per malattie cardiovascolari precoci (Obesità addominale (circonferenza addominale > 102 cm nell'uomo, > 88 cm nella donna)Proteina C reattiva (> 1 mg/dl).
Per la valutazione del danno d'organo utilizzato per la stratificazione del rischio vengono considerati:-
Ipertrofia ventricolare sinistra
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Proteinuria e/o lieve aumento creatininemia (1,2-2 mg/dl)
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Evidenza ultrasonografica di placche aterosclerotiche o di ispessimento intima media (> 0,9 mm)
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Microalbuminuria (30-300 mg/24 ore).
Per la valutazione delle condizioni cliniche associate utilizzate per la stratificazione del rischio vengono considerati:-
Malattie cerebrovascolari
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ictus ischemico
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emorragia cerebrale
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attacchi ischemici transitori
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Cardiopatie
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infarto miocardico
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angina
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rivascolarizzazione coronarica
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scompenso cardiaco congestizio
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Nefropatie
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nefropatia diabetica
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insufficienza renale (creatininemia > 1,5 mg/dl)
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Vasculopatie -
dissecazione aortica
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arteriopatia periferica sintomatica
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Retinopatia ipertensiva in fase avanzata -
emorragie/essudati e papilledema
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Nelle recenti linee guida dell'ESH/ESC il diabete mellito è stato considerato a sé come fattore di rischio, in considerazione del suo impatto notevole sul rischio cardiovascolare, che nei non diabetici è solo la metà rispetto a quello dei diabetici.
L'ipertrofia del ventricolo sinistro è rimasta un significativo marker di danno d'organo, come lo è la ridotta funzione renale (lieve aumento della creatininemia) e la microalbuminuria, mentre è stata aggiunta, come segnale di danno d'organo, l'evidenza ecografica nel distretto carotideo, oltre che di placche aterosclerotiche arteriose, anche di un ispessimento parietale di almeno 0,9 mm.
Dalla valutazione dei dati precedenti, è stata elaborata la seguente tabella per la stratificazione del rischio e la conseguente valutazione della prognosi del paziente iperteso.Stratificazione del rischio nella valutazione della prognosi
Pressione Arteriosa (mmHg)
Normale
PAs 120-129 oppure
PAd 80-94Normale-Alta
PAs 130-139 oppure
PAd 85-89Grado 1
PAs =140-159
oppure
PAd = 90-99Grado 2
PAs = 160-179
oppure
PAd = 100-109Grado 3
PAs * 180 oppure
PAd * 110Nessun altro fattore di rischio Rischio nella media Rischio nella media Rischio aggiuntivo basso Rischio aggiuntivo moderato Rischio aggiuntivo alto 1 o 2 fattori di rischio Rischio aggiuntivo basso Rischio aggiuntivo basso Rischio aggiuntivo moderato Rischio aggiuntivo moderato Rischio aggiuntivo molto elevato 3 o più fattori di rischio o danno d'organo o diabete mellito Rischio aggiuntivo moderato Rischio aggiuntivo elevato Rischio aggiuntivo elevato Rischio aggiuntivo elevato Rischio aggiuntivo molto elevato Condizioni cliniche associate Rischio aggiuntivo elevato Rischio aggiuntivo molto elevato Rischio aggiuntivo molto elevato Rischio aggiuntivo molto elevato Rischio aggiuntivo molto elevato
Nel gruppo a basso rischio aggiuntivo cardiovascolare, l'eventualità di un evento cardiovascolare nei successivi 10 anni è inferiore al 10%.
Nel gruppo a medio rischio aggiuntivo cardiovascolare quest'eventualità è compresa fra il 10-20%.
Nel gruppo ad alto rischio aggiuntivo cardiovascolare, è di circa il 20%.
Nel gruppo a rischio aggiuntivo cardiovascolare molto alto, è maggiore del 20%.Ultimo aggiornamento: 18 Luglio 20188 minuti di letturaL’hai trovato utile?
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