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Chirurgia oncologica

A differenza della chemioterapia, la chirurgia oncologica è un trattamento antitumorale loco-regionale che non coinvolge l'intero organismo.

Che cos'è? - Quali sono le possibilità della chirurgia?Sono associabili altre terapie? - Quale futuro?

Che cos'è?

La Chirurgia è, assieme alla radioterapia e alla chemioterapia, uno dei tre trattamenti antitumorali 'classici' che costituiscono ancora oggi i cardini della cura antitumorale. Dei tre tipi di cura è stato certamente il primo in ordine di tempo a essere utilizzato, fino dall’antichità. La chirurgia oncologica applica ovviamente le stesse tecniche della chirurgia generale ma seguendo alcuni principi che originano dalle caratteristiche biologiche e anatomiche della malattia che si vuole curare: il cancro (il termine 'tumore' non è un suo vero sinonimo, ma viene comunemente usato come tale, lo stesso vale per il termine 'neoplasia' pertanto in questa scheda verranno usati 'tumore' e 'neoplasia' come termini equivalente a 'cancro').

La chirurgia è un trattamento loco-regionale (come la radioterapia), cioè cura il Tumore primitivo (o le sue metastasi) nelle zone ove è presente senza interessare l’organismo nel suo complesso (come la chemioterapia). I principi della chirurgia oncologica derivano dall’origine e dall’evoluzione naturale del cancro. Le cellule tumorali sono cellule dell’organismo umano che si sono modificate. Ogni Cellula 'normale' ha un controllo delle sue funzioni, della sua crescita, moltiplicazione e morte che risiede nel nucleo cellulare (il DNA, i geni, i cromosomi).

Ogni cellula di un singolo individuo ha lo stesso DNA, ma nel corso della crescita, da ovulo fecondato a organismo completo, alcuni tratti del DNA vengono inibiti e altri attivati per cui una cellula diventa una cellula muscolare oppure una cellula del sistema nervoso e così via. Le 'cellule staminali', di cui molto si parla attualmente, sono cellule che anche nell’organismo adulto possono evolvere (cosiddette cellule 'totipotenti') verso quasi qualsiasi altro tipo di cellula.

Cercando di fare un’estrema sintesi, la cellula tumorale è una cellula che:

  • perde il controllo della sua crescita, cioè si moltiplica più rapidamente e, oppure, ciascuna cellula vive più a lungo. Aumentando il numero delle cellule, il risultato è una massa, cioè un 'tumore';
  • può perdere il controllo della sua funzione, nel senso che non compie lo scopo del suo esistere (ad esempio: se produceva una qualsivoglia sostanza non la produce più – tumore iposecernente - oppure può produrla in eccesso – tumore ipersecernente).

Fino a questo punto si parla di tumore benigno, ma successivamente può avvenire che cellule di questo tumore acquistino nuove capacità:

  • di staccarsi dalla massa tumorale primitiva e invadere i tessuti circostanti;
  • di staccarsi dalla massa tumorale primitiva e, tramite la via del sangue o della linfa, insediarsi e svilupparsi in organi a distanza (di preferenza, linfonodi, fegato, polmoni), le cosiddette 'metastasi'. Nota: questa descrizione si riferisce ai tumori solidi, nei tumori del sangue la capacità di essere cellule indipendenti e 'colonizzatrici' è già insita nelle cellule normali.

Ogni tipo di cancro ha un’evoluzione sua propria per quanto riguarda, fra l’altro:

  • il periodo di tempo necessario per il passaggio dalla cellula normale alla cellula che ha perso il controllo della crescita e poi a quella che è in grado di invadere i tessuti circostanti e a dare metastasi;
  • la tendenza a dare metastasi piuttosto che a invadere i tessuti circostanti;
  • la precocità nel dare metastasi linfonodali o a distanza.

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Quali sono le possibilità della chirurgia?

Nelle terapie per la cura del cancro, il punto a favore della chirurgia è quello che nel pezzo operatorio tutte le cellule cancerose presenti vengono asportate. Al contrario, per quello che riguarda la radioterapia non è sicuro che tutte le cellule tumorali presenti nel campo di irradiazione siano distrutte, nè, per quello che concerne la chemioterapia, tutte le cellule neoplastiche raggiunte dal chemioterapico siano uccise dal farmaco.

Pertanto, quando tutte le cellule cancerose sono nel pezzo asportato chirurgicamente, la chirurgia permette da sola una guarigione completa. Il problema è che sia gli esami strumentali attualmente disponibili, sia l’osservazione diretta intraoperatoria non permettono di 'vedere' piccoli aggregati di cellule tumorali (micrometastasi). Da questo deriva che il chirurgo oncologo deve lavorare su tessuto che ritiene sano, cioè incidere i tessuti a una conveniente distanza dalla massa tumorale (cosiddetto 'margine di sicurezza') per asportare sia la massa principale stessa, sia le zone circostanti dove potrebbero, con una certa probabilità, esservi micrometastasi.

È evidente che quanto più è ampio il margine di sicurezza, tanto più vengono asportati tessuti sani e tanto maggiori sono le mutilazioni con le loro conseguenze sulla funzione e sull’estetica. La ricerca in chirurgia ha, fra l’altro, lo scopo di individuare per ogni singola sede e tipo di tumore quanto ampio debba essere questo margine di sicurezza, cioè come devono essere controbilanciate la necessità di una radicalità oncologica (asportazione di tutto il tumore possibile) con la necessita’ di una buona qualita’ di vita del paziente (limitazione dei danni funzionali ed estetici).

L’esempio classico di questa ricerca è l’evoluzione della chirurgia del cancro della mammella, che è passata dall’originaria 'mastectomia radicale' per tutti i tumori mammari (asportazione della mammella in toto, dei muscoli pettorali sottostanti e dei linfonodi dell’ascella) alla attuale 'tumorectomia ampia' con conservazione della mammella e asportazione del 'linfonodo sentinella', possibile per la maggioranza dei tumori.

Le conoscenze sulla biologia del carcinoma mammario (più la possibiltà di terapie postoperatorie efficaci: radioterapia, chemioterapia, ormonoterapia) ha permesso tale evoluzione sicuramente positiva, ma bisogna stare attenti che i criteri chirurgici applicati sulla mammella non possono essere sempre applicati su tumori di altre sedi che hanno una biologia differente.

Gli scopi della chirurgia sono due:

  • la cura, che può essere:
    • radicale, quando si pensa di poter asportare tutta la neoplasia, rispettando i criteri descritti prima;
    • palliativa, quando la guarigione non è preventivabile ma chirurgicamente si può migliorare la vita del paziente.
  • la 'stadiazione' del tumore. Dall’esame istologico della massa tumorale principale e dei tessuti adiacenti asportati (in particolare i linfonodi, per i carcinomi) si può ipotizzare il grado di evoluzione e invasività e quindi:
    • formulare una prognosi, cioè le probabilitè di guarigione;
    • valutare la necessità o comunque l’utilità di terapie postoperatorie (radioterapia, chemioterapia e – per alcuni tumori – ormonoterapia adiuvanti).

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Sono associabili altre terapie?

L’associazione della chemioterapia e della radioterapia alla chirurgia non solo sono possibili ma anche spesso doverose nell’ambito del trattamento 'multidisciplinare' del cancro. Lo scopo dell’associazione deriva dalla necessità di distruggere le eventuali micrometastasi presenti nelle vicinanze o a distanza dal tumore principale che potrebbero essere rimaste dopo la chirurgia.

L’esistenza vera di queste non può essere conosciuta (quando fosse conosciuta si tratterebbe di cancro al 'quarto stadio' e parlerebbe di radio- o chemioterapia curative e non adiuvanti). La stadiazione del tumore, però, ci permette di valutare quanto sia probabile la loro esistenza e se valga la pena di subire gli effetti collatarali (sicuri) per una cura postoperatoria la cui necessità e il cui risultato sono solo ipotizzabili.

Bisogna comunque sapere che una chirurgia 'ottimale' è indispensabile per la guarigione di un tumore solido. Nessuna terapia adiuvante può controbilanciare una chirurgia che non sia stata corretta.

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Quale futuro?

  • Conoscere meglio qual è il margine di sicurezza idoneo per ciascun tipo di tumore, per avere una chirurgia il meno demolitiva possibile, sia aumentando le conoscenze sulla biologia di ogni tipo tumorale, sia affinando le tecniche per riconoscere le micrometastasi.
  • Associare alla chirurgia le altre terapie antitumorali nel modo e nei tempi più efficaci.
  • Migliorare le tecnologie per avere una chirurgia sempre più precisa, avanzata e, nei limiti del posibile, meno invasiva e con meno effetti collaterali.

 

A cura di:

Dott. Pietro Gaglia
Specialista in Chirurgia generale e Oncologia
 

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Ultimo aggiornamento: 31 Marzo 2015
8 minuti di lettura

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