Per Terapia del Dolore si intende un trattamento medico che ha come scopo l’eliminazione del dolore sia esso un dolore nocicettivo o neuropatico. La terapia del dolore, anche detta terapia antalgica o algologia comprende sia la somministrazione di farmaci, sia trattamenti chirurgici, attività di riabilitazione e supporto psicoterapeutico, a seconda della tipologia di dolore da trattare e delle sue cause.
La volontà di controllare il dolore ha caratterizzato da sempre tutte le culture umane. In tal senso la terapia del dolore (o meglio il tentativo di modificare la sintomatologia algica) ha infatti origini quanto mai remote. Così, già nelle società primitive, sciamani e stregoni adottavano pratiche magiche religiose (comunque legate all’inconscio), finalizzate ad allontanare lo “spirito maligno” ritenuto responsabile delle sofferenze dell’individuo . Questo concetto esogeno, puramente “intrusivo” del dolore, si ritrova già nelle civiltà assiro-babilonese ed egizia. A quest’ultima risale la localizzazione del centro della sensibilità nel cuore, concezione che perdurerà inalterata per secoli.
La terapia del dolore utilizza numerosi strumenti: farmaci analgesici, terapie fisiche, tecniche molto vicine a operazioni chirurgiche note come 'blocchi' e anche, oggi in rari casi, vere procedure neurochirurgiche.
Farmaci analgesici
Il trattamento del dolore con terapia farmacologica si avvale essenzialmente di FANS (antinfiammatori non steroidei, sempre dotati di buona od ottima attività analgesica), oppioidi deboli e oppioidi forti, anticonvulsivanti e antidepressivi (molto usati nel dolore neuropatico) e anestetici locali.
I FANS rappresentano di solito il primo gradino nella terapia del dolore. Questi farmaci sono particolarmente efficaci nel dolore 'nocicettivo'; tuttavia, se somministrati da soli, possono essere di solito utilizzati solo per periodi di tempo limitato a causa degli effetti collaterali, soprattutto a carico delle prime vie digerenti (bruciori, perdite di sangue, ulcere).
Inoltre, l’analgesia dei FANS è caratterizzata da un 'effetto tetto': aumentare a oltranza le dosi oltre un certa dose massima, identificata negli studi clinici che precedono la commercializzazione dell’analgesico, provoca solo un aumento degli effetti indesiderati, ma non dell’analgesia.
Gli antidepressivi e gli anticonvulsivanti sono impiegati soprattutto nel dolore cronico di tipo neuropatico. Gli anestetici locali, attivi soprattutto sulle forme di dolore nocicettivo, agiscono sia a livello dei nervi periferici, sia sui neuroni del sistema nervoso centrale.
Farmaci oppioidi
Il secondo gradino nel trattamento del dolore nocicettivo è rappresentato dagli oppioidi deboli come la codeina, seguiti dagli oppioidi forti come la morfina. Tutti gli oppioidi, deboli e forti, agiscono attraverso un effetto di filtro o di cancello, più o meno intenso, sulla trasmissione dell’impulso dolorifico in corrispondenza del midollo spinale e degli altri distretti del sistema nervoso centrale. In pratica, gli oppioidi consentono la trasmissione verso la corteccia solo di una frazione di impulsi dolorifici; a dosi adeguate, il cancello si chiude completamente e gli oppioidi sopprimono del tutto la trasmissione degli impulsi dolorifici.
Gli oppioidi deboli non riescono a controllare i dolori molto intensi, ma espongono anche a un ridotto rischio di dipendenza e sono per questo utilizzati per dolori di intensità da lieve a moderata. In ogni caso, gli oppioidi deboli non riescono spesso a controllare il dolore cronico per più di quattro settimane, in media: di solito, dopo è necessario il passaggio a un oppioide forte.
Gli oppioidi forti non presentano l’effetto tetto caratteristico dei FANS: controllano bene dolori acuti particolarmente intensi come quelli dell’infarto del cuore, ma soprattutto, proprio per l’assenza di 'effetto tetto' e la possibilità di aumentare il dosaggio, sono utili, spesso indispensabili, per controllare gli intensi dolori cronici causati dai tumori maligni. Così come l’analgesia, anche gli effetti indesiderati degli oppioidi deboli e forti si sviluppano nel sistema nervoso centrale: sedazione, sonnolenza, vomito, vertigini, rischio di dipendenza fisica e psichica
Terapia Fisica: la roentgenterapia
Tra le tecniche di terapia antalgica mediante irradiazione, la più efficace è la roentgenterapia (somministrazione mirata di raggi X). Gli elettroni che si liberano nei tessuti irradiati hanno un potente effetto antinfiammatorio e analgesico. Molto utile può anche essere la stimolazione elettrica delle strutture nervose coinvolte nell’origine e nella trasmissione del dolore. Su questo principio si basa la TENS che viene effettuata con apparecchi portatili in grado di stimolare la cute e le strutture nervose.
Blocchi del dolore
I blocchi sono tecniche di controllo del dolore che, per la loro natura, si avvicinano molto a procedure chirurgiche, anche se di solito sono praticate ambulatorialmente. I blocchi possono essere di tipo farmacologico o di tipo 'neurolitico'.
Nel primo caso, si utilizzano anestetici locali iniettati in strutture nervose ben definite o in aree adiacenti a queste: per esempio, un ganglio annesso al nervo trigemino per controllare le forme più gravi di nevralgia del trigemino oppure in vicinanza del midollo spinale per ottenere l’analgesia cosiddetta 'peridurale', che elimina la sensibilità dolorosa senza necessità di addormentare completamente il paziente.
Lo scopo di tutti i blocchi è sopprimere reversibilmente la trasmissione degli impulsi nervosi nel loro viaggio dai nocicettori fino alla corteccia cerebrale. La questione della reversibilità del blocco ottenuto con gli anestetici locali è importante perché, nei blocchi di tipo neurolitico, sono utilizzate sostanze lesive per le strutture nervose, che sono iniettate in queste strutture allo scopo di provocare una perdita definitiva della loro funzione.
In casi di dolore gravissimo e di solito in pazienti terminali, lo stesso fine può essere raggiunto con opportune tecniche chirurgiche di eliminazione o di sezione di particolari strutture anatomiche: per esempio i fasci di fibre nervose che risalgono dal midollo spinale al talamo.