Lunedì 6 febbraio si celebrerà la Giornata Mondiale contro le mutilazioni genitali femminili per sensibilizzare ed educare le persone sui pericoli di questa pratica disumana. Le mutilazioni genitali femminili comprendono tutte le procedure che coinvolgono l’alterazione o il ferimento dei genitali femminili per ragioni non mediche e sono riconosciute a livello internazionale come una violazione dei diritti umani delle bambine e delle donne.
Le mutilazioni riflettono la disuguaglianza profonda tra i sessi e costituiscono una forma estrema di discriminazione contro le donne e le ragazze. Questa pratica vìola anche i diritti alla salute, alla sicurezza e all’integrità fisica, nonché il diritto ad essere liberi dalla tortura e dai trattamenti crudeli e disumani.
Per promuovere il contrasto alle mutilazioni genitali femminili sono necessari sforzi sistematici e coordinati che coinvolgano intere comunità e si concentrano sui diritti umani e l’uguaglianza di genere. Tali sforzi dovrebbero rimarcare il disagio sociale e l’invito alle comunità di agire collettivamente per porre fine alla pratica.
Dati e numeri sulla mutilazione genitale femminile
A livello globale, si stima che almeno 200 milioni di bambine e di donne hanno subito una qualche forma di mutilazione genitale femminile. Se dovessero continuare le attuali tendenze, 15 milioni di bambine di età compresa tra i 15 e i 19 anni saranno sottoposte a mutilazioni entro il 2030.
Sono 44 milioni, inoltre, le ragazze di 14 anni o meno che hanno subito le mutilazioni, con la più alta prevalenza in Gambia (56%), Mauritania (54%) e Indonesia, dove circa la metà delle bambine di 11 anni o meno sono state vittime di questa pratica.
I Paesi, inoltre, con la più alta prevalenza di ragazze e donne, tra i 15 e i 49 anni, che hanno subito le mutilazioni, sono la Somalia (98%), Guinea (97%) e Gibuti (93%).
Le conseguenze delle MGF sulla salute
Le mutilazioni genitali femminili causano gravi emorragie e problemi di salute, tra cui cisti, infezioni, infertilità e complicazioni nel parto, nonché l’aumento del rischio di mortalità neonatale.