È una malattia killer, nonostante i progressi della scienza. A 136 anni dalla scoperta del suo agente eziologico, la tubercolosi è ancora tra le prime dieci cause di morte al mondo. Sabato 24 marzo si celebra la Giornata Mondiale della Tubercolosi (Tb day), per muovere le coscienze politiche ad accelerare i progressi per la sconfitta definitiva di questo morbo.
«La malattia prospera – spiega l’Oms ‒ tra le persone che vivono in povertà, le comunità e i gruppi che sono emarginati e altre popolazioni vulnerabili. Questi includono: migranti, rifugiati, minoranze etniche, minatori e altri che lavorano e vivono in contesti a rischio, anziani, donne e bambini emarginati». E miete 4.500 vittime ogni giorno.
La celebrazione ricorre nel giorno in cui, nel 1882, il medico e microbiologo tedesco Robert Koch comunicò alla comunità scientifica di aver scoperto il batterio della tubercolosi ancora oggi chiamato Bacillo di Koch, aprendo la strada alla diagnosi e alla cura. Da allora di progressi ne sono stati fatti tanti, eppure l’emergere della Tbc multiresistente (Mdr-Tb) rappresenta ancora una grave minaccia per la sicurezza sanitaria.
La Giornata Mondiale diventa allora una occasione per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle devastanti conseguenze sanitarie, sociali ed economiche della tubercolosi e intensificare gli sforzi per porre fine all’epidemia globale. Il tema di quest’anno è infatti “Wanted: leaders for a free-tb world” - ricercati: leader per un mondo senza tubercolosi -, cioè un appello ai capi di Stato e delle istituzioni politiche e sanitarie a essere leader anche negli sforzi alla lotta a una malattia che si può sconfiggere.
In Italia l’associazione Stop Tb organizza una campagna di risonanza mediatica e social e una due giorni (23 e 24 marzo) dal titolo “Tb e Hiv: due storie parallele – terzo convegno interdisciplinare “Impatto dei flussi migratori”. L’appuntamento, aperto a tutti, è a Palazzo Marino in piazza della Scala, 2.
Giornata Mondiale della tubercolosi: lotta al primo killer infettivo al mondo
L’anno scorso, l’Organizzazione mondiale della Sanità ha riferito che 10,4 milioni di persone si sono ammalate di tubercolosi nel 2016 e che nello stesso anno ci sono stati 1,8 milioni di morti per tubercolosi. La malattia è profondamente radicata in popolazioni in cui i diritti umani e la dignità sono negati.
Fattori come malnutrizione, cattive condizioni abitative e servizi igienico-sanitari, aggravati da altri elementi di rischio come il consumo di tabacco e alcol e il diabete, influenzano la vulnerabilità alla tubercolosi e l’accesso alle cure. Inoltre, questo accesso è spesso ostacolato dai costi catastrofici associati alla malattia, dalla ricerca e dal mantenimento delle cure e dalla mancanza di protezione sociale, che si traduce in un circolo vizioso di povertà e cattiva salute.
Un recente studio dell’Università di Melbourne, inoltre, registra quasi 2 milioni di casi nei giovani tra i 10 e i 24 anni a livello mondiale, ma sottolinea che le cifre potrebbero essere sottostimate. Nel 2016, circa 1 milione di bambini si è ammalato di tubercolosi e 250.000 ne sono morti (compresi i bambini affetti da tubercolosi associata all’Hiv). Inoltre nel 2016 il 40% dei decessi per Hiv è stato dovuto alla tubercolosi. La fine dell’epidemia di tubercolosi entro il 2030 è tra gli obiettivi sanitari di sviluppo sostenibile.
La tubercolosi in Italia
Da noi si registrano meno di 10 casi di malattia ogni 100.000 abitanti, tanto che l’Oms ha definito il nostro paese “a bassa endemia”. Anche in Italia la maggior parte dei contagi avviene in soggetti appartenenti alle categorie più deboli o che, più difficilmente, possono accedere ai servizi socio-sanitari.
Dal 2011 al 2015 i casi sono passati da 4.461 a 3.769: l’incidenza è scesa da 7,5 casi per 100.000 abitanti a 6,2 casi. Tuttavia, la prevenzione e il controllo della tubercolosi richiedono interventi mirati di sanità pubblica. L’Unione europea ha sviluppato un suo specifico piano di azione per gli anni 2016-2020 con l’obiettivo di ridurre del 35% i decessi per Tbc, diminuire l’incidenza della malattia del 25% e raggiungere un tasso di successo del trattamento del 75% tra i casi di tubercolosi multiresistenti.