Risale al 1977 l’intuizione del medico e psichiatra George Engel di concepire la salute come il frutto di correlazioni tra aspetti biologici, psicologici e sociali. In un paziente, la parte biologica viene riconosciuta come importante ma da sola non è in grado di giustificare la varietà di presentazioni cliniche possibili. È quindi necessario prendere in considerazione anche il contesto in cui si trova, le sue credenze e aspettative e l’influenza della società che lo circonda (modello bio-psico-sociale).
Così come accade per il paziente, anche chi si occupa di salute non può restare legato solo ed esclusivamente al sapere scientifico che possiede ma può e deve sviluppare competenze e abilità trasversali, le cosiddette soft skills.
Che cosa si intende per soft skills?
Secondo gli ultimi dati condivisi dal Standford Research Institute International, il 75% del successo di un lavoro a lungo termine dipende dalla padronanza delle soft skills e solo il 25% da competenze tecniche. Ma cosa si intende esattamente con questa espressione?
Quando si parla di soft skills, si fa riferimento a competenze non specifiche di una determinata professione - come ad esempio la capacità di comunicazione e di ascolto, che riguardano caratteristiche della personalità, del linguaggio e degli atteggiamenti.
Pur trattandosi di competenze trasversali, possono essere spendibili e in alcuni casi anche necessarie nel mondo del lavoro perché influenzano in maniera importante il modo di relazionarsi con gli altri.
Le soft skills riguardano anche il medico e chi si occupa di salute?
Certo che sì! L’attività del medico non è separata dalla vita reale, anzi. Ogni giorno si deve confrontare con i suoi pazienti, deve parlare con loro e capire quali sono le informazioni utili e quali no. In poche parole, non può affidarsi solo alla sua competenza professionale.
Facciamo un esempio. Tra un medico competente ma freddo e distante e uno altrettanto bravo ma cordiale e affabile, secondo te un paziente quale sceglierebbe? La risposta è semplice.
L’empatia che caratterizza il secondo medico gli permette, innanzitutto, di acquisire maggiore autorità e fiducia da parte del paziente e di avere un valore estremamente più alto rispetto al primo, consentendogli di svolgere al meglio il suo lavoro.
E allora, se il medico non possiede “naturalmente” queste competenze trasversali, cosa può fare? Anche in questo caso la risposta è facile: può investire sulla propria formazione!
Ormai gli strumenti digitali costituiscono un supporto imprescindibile per i professionisti della salute, sia per quanto riguarda l’aggiornamento professionale, sia per le nuove modalità di comunicazione e gestione del paziente.
E proprio per questo che Paginemediche che ha scelto di mettere a disposizione dei medici iscritti un ampio catalogo di corsi di Educazione Continua in Medicina (ECM). L’iniziativa, promossa in collaborazione con IMR – Italian Medical Research, ha l’obiettivo di supportare la formazione continua dei medici agevolando l’accesso ai corsi più innovativi anche rispetto al proprio sviluppo personale e professionale.