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Autodiagnostica e disinformazione sulle allergie alimentari

Autodiagnostica e disinformazione sulle allergie alimentari

Le allergie alimentari sono molto diffuse ma spesso, a causa di una cattiva informazione, vengono confuse con le intolleranze alimentari.

A livello sintomatico leallergie alimentari si distinguono dalle intolleranze dal fatto che le prime generalmente producono sintomi specifici, come gonfiore alle labbra, alla lingua, e solitamente tali avvisaglie si sviluppano non molto lontano dai pasti (generalmente pochi minuti). Nel caso dell’intolleranza alimentare, invece, i segnali sono più generali, come la cattiva digestione o il meteorismo, e si manifestano anche diverse ore dopo aver consumato un alimento.

Anche una piccola quantità di cibo può scatenare la reazione allergica, mentre è necessario mangiare di solito una corposa dose di un determinato alimento per far scattare una intolleranza. Inoltre, quando si parla di allergie alimentari la nostra vita può essere messa in pericolo.

In generale, a livello medico, tale problema è determinato da un anomalo feedback immunologico ad un tipo di alimento o ad un preciso componente di esso e, spesso, l’allergene è individuato in una proteina, mentre l’intolleranza molte volte è causata dalla insufficienza di una Proteina o addirittura dalla sua assenza, coinvolgendo il metabolismo.

Negli ultimi tempi le allergie alimentari sono aumentate di gran lunga e non ci sono numeri certi al riguardo: tra l’altro, molte volte è un problema che viene sottostimato dal medico curante e autodiagnosticato dal paziente. Un altro elemento che complica una corretta stima delle allergie è il fatto che di frequente queste vengono confuse con le intolleranze alimentari che, come già accennato, non implicano una reazione immunitaria; tale distorsione del concetto di 'malattia' è causato probabilmente anche da una cattiva informazione.

Una complicanza ulteriore di diagnosi globale di soggetti che soffrono di allergie verso determinate tipologie di cibi dipende pure dalle differenti abitudini alimentari esistenti nelle diverse regioni e nazioni. Attualmente nella popolazione adulta la percentuale dei casi di incidenza risulta essere intorno al 3%. Nei bimbi tale valore sale al 7-8%, anche se, in questo caso, l’Allergia spesso scompare con l’età scolare.

Com’è noto, in teoria, qualsiasi alimento potrebbe provocare un’allergia, ma i maggiori cibi incriminati, tra gli altri, sono: latte, uova, noccioline (arachidi), noci del Brasile, nocciole, mandorle, pesce e/o crostacei (compresi granchio e gamberetti), soia e grano. Ed i bimbi non ne sono immuni. Anche un certo numero di cereali sono stati segnalati come alimenti potenzialmente rischiosi come grano, segale, orzo, avena, granturco (mais) e riso.

Per quanto riguarda la diagnosi, gli strumenti più comuni messi a disposizione del paziente possono essere sia test in vitro che In vivo, vale a dire indagini che permettono di determinare il problema tramite prove cutanee (Prick test) ed esami di laboratorio (ad esempio, il Rast Test, il Prist, che calcola le IgE totali ma non include informazioni sulla ragione dell’allergia, l’Atopy Patch Test che consiste nell’applicare gli allergeni sulla cute per ventiquattro ore, i Test di Provocazione Orale e altri metodi diagnostici).

Fondamentale al riguardo è la valutazione del rischio, basato su tre pilastri: l’identificazione del pericolo, la caratterizzazione di quest’ultimo e la valutazione dell’esposizione. È proprio per tale ragione che le autorità preposte hanno indirizzato i produttori ad una più puntuale dichiarazione in etichetta delle sostanze potenzialmente allergeniche che possono mettere maggiormente a rischio la salute pubblica.

Ma questo non toglie il fatto che, in alcuni alimenti, possano essere presenti degli allergeni cosiddetti 'nascosti', ovvero quelle sostanze aggiunte durante la produzione affinché la realizzazione del prodotto finito sia integra. Differentemente dalla indicazione in etichetta degli alimenti potenzialmente allergenici, per queste ultime sostanze non esiste obbligo e non esiste una regolazione in merito.

In Italia, ad opera del Ministero della Salute, degli Assessorati alla Sanità e delle cosiddette revisioni di analisi effettuate da laboratori pubblici, si effettuano dei controlli ufficiali tramite organismi specializzati di settore, verificando la rispondenza dei prodotti ai dettami europei. Ma a parte questo fattore, che ha senza dubbio la sua rilevanza, un problema rimane ancora aperto: vale a dire la non condivisione, da parte del mondo scientifico, della soglia limite di tracce di allergeni contenute negli alimenti.

Infine, come sappiamo, non esiste attualmente alcuna cura per le allergie alimentari. Se, ad esempio, l’allergia riguarda solo uno o due cibi, generalmente si segue una dieta mirata, eliminando radicalmente l’alimento. Nel caso, invece, di allergie multiple si seguono le cosiddette diete a rotazione, sempre secondo il parere medico.

Per quel che riguarda le tipologie di farmaci, in commercio ne esistono alcuni per alleviare i sintomi: questi sono tra i più vari e lo specialista li prescrive in  base alla gravità del problema. Tra gli altri, ecco gli antinfiammatori o corticosteroidi e gli antistaminici. Nei casi di gravi reazioni allergiche (shock anafilattico), invece, è necessario il trattamento con l’adrenalina, che può salvare la vita se somministrata in tempi brevi.

Ultimo aggiornamento: 23 Marzo 2021
5 minuti di lettura

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