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Emergenza cuore: il rischio di infarto per le donne

Emergenza cuore: il rischio di infarto per le donne

Con la menopausa, si ha una maggiore probabilità di subire un infarto per le donne. In generale, però, tendono a sottovalutare i sintomi.
In questo articolo:

Le donne tendono a sottovalutare i sintomi infarto e tardano a chiedere aiuto

Le donne sono protette dagli ormoni fin oltre i cinquant’anni di età. Forse per questa ragione, sono abituate a ritenersi erroneamente immuni dal rischio-cuore. Invece, una volta venuta meno tale protezione con la menopausa, le donne hanno una maggiore probabilità di subire un infarto miocardico.

Anzi, tanto più vivono a lungo, tanto più le probabilità di subire un infarto aumentano. Dunque, non sottovalutare il rischio per evitare di chiedere aiuto troppo tardi. In caso di infarto del miocardio, il fattore tempo è, infatti, molto importante anche e forse più per la donna.

Se da un lato la mortalità per Infarto miocardico si è ridotta negli ultimi vent’anni, continuano a esservi differenze di genere a scapito del sesso femminile. Alcuni studi hanno ipotizzato che la maggiore incidenza di mortalità negli individui di sesso femminile sia ascrivibile al minore ricorso all’intervento di angioplastica primaria.1

Vi sono sostanzialmente tre ragioni per spiegare questa situazione, chiarisce il Dr. Giulio Guagliumi, Past President della Società Italiana di Cardiologia Invasiva (GISE).

Il fattore tempo

La prima è legata al fattore tempo ed è a sua volta dovuta a due fattori, responsabili del fatto che le donne arrivino più tardi in ospedale:

  • le donne non hanno ancora chiaro che la principale causa di morte per loro è l’infarto miocardico e non il tumore alla mammella. Risultato: se una donna sente un Dolore al petto non pensa all’infarto come prima possibilità, con la conseguenza di perdere tempo prezioso;
  • le donne sono più 'toste' degli uomini, più resistenti e anche con livello mediamente più alto di sopportazione del dolore. E spesso sono più ansiose nei confronti della salute dei propri cari che della propria.

L’età

La seconda ragione è legata all’età: a causa della protezione esercitata dagli ormoni, le donne entrano tardi nell’area di rischio cardiovascolare. Quindi, una donna che subisce un infarto ha un’età mediamente più elevata dell’uomo, la sua condizione è spesso complicata da un maggior numero di fattori di rischio e malattie associate, e ha spesso un calibro dei vasi coronarici inferiore a quello dell’uomo. Tutti questi fattori fanno sì che la donna sia più difficile da trattare e quindi abbia una probabilità minore di ricevere i trattamenti più adeguati.

Mortalità più elevata in ospedale

La terza ragione risiede nel fatto che la mortalità nella donna colpita da infarto è maggiore nei primi giorni dopo il ricovero, in parte per le comorbidità, in parte per cause non ancora identificate.

Octavia, uno studio tutto italiano per curare meglio la donna

Per scoprirle, la Società Italiana di Cardiologia invasiva (GISE) ha lanciato lo Studio Octavia - uno studio multicentrico concepito per indagare sulle differenze tra uomo e donna in caso di infarto, utilizzando moderne tecnologie come l’OCT (tomografia a coerenza ottica) per vedere dall’interno il vaso coronarico responsabile dell’infarto, con risoluzione microscopica.

Come riferisce il Dr. Guagliumi, investigatore principale dello studio cui partecipano 14 centri italiani, l’arruolamento dei pazienti (maschi e femmine bilanciati per età), sarà completato entro gennaio 2012, con i primi risultati comunicati dopo la metà del 2012. L'obiettivo primario dello studio Octavia è di migliorare la comprensione delle cause dell’infarto e il trattamento dell’infarto miocardico nelle donne.

Esaminando le differenze che intercorrono tra uomo e donna nella natura della malattia e gli effetti dei trattamenti più moderni, Octavia contribuirà a chiarire importanti questioni irrisolte e quale terapia è più appropriata nel genere femminile.2

__________
1. Sadowski M, Janion-Sadowska A, Gasior M, et al. Gender-related benefit of transport to primary angioplasty: is it equal? Cardiol J 2011; 18: 254-260.
2. Octavia trial. Ult acc. 25.11.2011.

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Ultimo aggiornamento: 06 Febbraio 2018
4 minuti di lettura

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