La lotta all’inquinamento atmosferico è da tempo una priorità per tutti i paesi industrializzati poiché rappresenta la principale causa del surriscaldamento del pianeta, le cui conseguenze minacciano non solo l’ambiente ma soprattutto la salute.
In questo periodo, all’emergenza smog si è associata una ipotesi di correlazione positiva tra l’inquinamento e la velocità di sviluppo di malattie virali, come il Covid-19, che sta attirando l’interesse di numerosi ricercatori.
Gli effetti dello smog sulla salute
Ci sono diverse componenti dello smog che possono essere dannose per la salute. Si tratta di tutte quelle particelle, gas e liquidi volatili che hanno origine dai processi di combustione come lo scarico di veicoli a diesel o a benzina, i processi industriali, la produzione di energia elettrica e il riscaldamento domestico.
Particolarmente inquinanti sono le particelle sospese (o Particolato Totale Sospeso) che comprendono polveri PM10 (ossia con un diametro inferiore a 10 millesimi di millimetro), polveri sottili PM2.5 e polveri ultrasottili. Queste ultime due sono gli inquinanti più dannosi per la salute: sono costituite da svariate sostanze tossiche (solfati, nitrati, metalli) e, grazie alle piccolissime dimensioni, vengono trasportate anche a lunga distanza e negli ambienti chiusi, penetrando facilmente nel tratto superiore dell’apparato respiratorio (dal naso alla laringe).
Il peggioramento della qualità dell'aria che respiriamo comporta quindi un aumento generale dei problemi di salute (soprattutto nei soggetti più deboli, come i bambini e gli anziani) e una maggiore incidenza di malattie cardiocircolatorie, patologie respiratorie e tumori.
È soprattutto il particolato PM2.5 ad essere associato ad effetti cardiopolmonari, in quanto le particelle più sottili riescono a raggiungere i polmoni e perfino arrivare all'interno della circolazione sanguigna, dove causano infiammazione e contribuiscono allo sviluppo di complicazioni cardiache.
Le patologie correlate a smog e inquinamento
Le patologie potenzialmente attribuibili agli inquinanti ambientali possono comportare sia reazioni acute che sintomatologie croniche.
Nei soggetti predisposti può verificarsi:
- un aggravamento di sintomi respiratori con la comparsa di infezioni respiratorie acute o asma bronchiale;
- un danneggiamento del sistema cardiovascolare tale da incidere sulla coagulazione del sangue, restringendo le arterie e mettendo il cuore in condizioni di stress.
Mentre nei casi di esposizione prolungata allo smog, i sintomi possono cronicizzarsi e manifestarsi con:
- tosse e catarro persistente;
- diminuzione della capacità polmonare, bronchite cronica e perfino BPCO;
Molti studi, inoltre, hanno osservato come le polveri sottili comportino sostanziali incrementi anche di tumore ai polmoni, soprattutto se in associazione con altri noti fattori di rischio quali il fumo di sigaretta e alcune esposizioni professionali.
Infine, non è da escludere il rischio aumentato di attacchi di cuore, ictus, demenze, malattie renali e diabete, oltre effetti dannosi in gravidanza.
Esiste una relazione tra smog e pandemia Covid-19?
Le alte concentrazioni di smog con cui quotidianamente conviviamo rappresentano, come detto, un vero e proprio induttore e moltiplicatore di malattie, per questo agli studiosi epidemiologi non è sfuggita la possibile relazione tra questo fattore ambientale e lo sviluppo della pandemia Covid-19.
Dalle prime osservazioni pare infatti che tra loro vi sia una correlazione positiva, cioè dove più alto è il tasso di inquinamento tanto più elevate sono le conseguenze della malattia infettiva, senza che però nessuno dei due possa essere indicato come causa dell’altro.
Eppure, la possibilità che un virus si diffonda maggiormente in aree più inquinate e generalmente anche più densamente popolate (da persone con sistema immunitario, respiratorio e cardiocircolatorio già potenzialmente compromesso) sembra una ipotesi ragionevole da desumere vista l’evoluzione epidemiologica nelle città di Wuhan, Milano, New York.
Due sono le ricerche scientifiche che hanno contribuito ad accendere il dibattito. Il primo è uno studio condotto dalle università di Bari e Bologna che ha osservato un’alta correlazione tra le aree geografiche con livelli di inquinamento oltre il limite consentito e la diffusione assoluta di contagiati su scala provinciale.
Mentre il secondo è uno studio di Harvard ed esteso a tutti gli Stati Uniti, che sostiene il forte legame esistente fra PM2.5 e letalità del Covid-19, evidenziando come ad ogni microgrammo in più di smog per metro cubo (mcg/m3) corrisponda un incremento di mortalità del 15% in quella area.
Le misure di sicurezza per salvaguardare la salute
La normativa dell’Unione Europea stabilisce i limiti sulle emissioni delle principali sostanze inquinanti sulla base delle linee guida diffuse dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: le soglie di polveri sottili PM10 sono stabilite a 40μg/m3 di concentrazione annua e 50μg/m3 giornaliera, da non superare più di 35 volte per anno civile. Per il PM2.5 il limite fissato è a 25 microgrammi/m3 come media annuale.
Questi valori tuttavia vengono ampiamente superati come dimostrano i risultati raccolti nel mese di gennaio 2020, in cui in cinque città italiane (Frosinone, Milano, Padova, Torino e Treviso) si è sforato per ben 18 volte i limiti giornalieri di PM10.
L’Unione Europea nel 2018 ha approvato un nuovo programma “aria pulita” per l’Europa, a sostegno del miglioramento della qualità dell’aria in città entro il 2030, sostenendo in tal modo la ricerca e l’innovazione e promuovendo la cooperazione internazionale per il benessere del pianeta.