I danni del tabagismo non riguardano solo la salute. Dalla coltivazione al consumo, tutto il ciclo vitale del tabacco ha un pesante impatto anche sull’economia e sull’ambiente.
Tabagismo, un olocausto dorato
Negli ultimi dieci anni il consumo di tabacco si è ridotto nei Paesi a maggiore benessere economico ma è cresciuto nei Paesi più poveri del mondo, là dove la gente ha estreme difficoltà a trovare il pane quotidiano. Ma fumando sigarette possono almeno sognare. È la cinica logica dei colossi del tabacco. E funziona. Le sigarette si trovano pronte e disponibili ovunque, in ogni villaggio sperduto, e sono meno care dell’acqua. Perciò il bilancio di morti e malati causati dal tabacco si mantiene alto. Sei milioni di morti premature è il bilancio planetario di questa grave piaga, 500mila nella nostra Europa, 80mila in Italia, ogni anno, e con 10-12 anni di anticipo rispetto a chi non fuma.
È l’olocausto dorato descritto da Robert N. Proctor (Golden Holocaust: Origins of the Cigarette Catastrophe and the Case for Abolition - 2012), vera catastrofe, follia dell’umanità che neppure i Sacri testi potevano prevedere in questa forma. Dorato perché mette in moto una ricchezza diseguale, per pochi, le cui dimensioni permettono di influenzare governi e governanti di ogni nazione.
L’impatto economico del fumo
Il danno economico è quello a carico dei cittadini e si rispecchia pienamente in una frase raccolta da una intervista di Nadia Collot, autrice dell’inchiesta “La cospirazione del tabacco”, di un insider di una compagnia: “We don’t smoke this shit, we just sell it” (questa merda non ce la fumiamo, la vendiamo solamente). Si vende infatti, e si compra, un prodotto nella cui confezione sta scritto a lettere cubitali “il fumo uccide”. Compreremmo un qualsiasi prodotto al supermercato nella cui confezione vi sia scritto “questo prodotto uccide”?
Le sigarette si comprano. Le comprano 11 milioni di italiani tutti i santi giorni dell’anno. Immaginiamo 11 milioni di persone che ogni giorno si recano dal tabaccaio e spendono 3 euro a testa. Farebbero 33 milioni di euro al giorno. Moltiplicati per 365 giorni fanno un fiume di denaro che per quasi l’80% va a finire nelle casse dello Stato. Invano chiediamo da vent’anni di devolvere l’1% ai cittadini in forma di servizi di prevenzione nella scuola e nei luoghi di lavoro. Niente da fare. Lo Stato li vuole tutti i 14 miliardi di euro ricavati dalla vendita del tabacco e non è disposto a stornare 60 milioni di euro (1 euro a cittadino italiano) per creare un fondo nazionale per la prevenzione, come avviene in altri Paesi del mondo.
Ma sono tutti puliti quei 14 miliardi? No affatto. Sono molto molto sporchi. Per prima cosa occorre togliere i costi delle malattie causate dal fumo. Si aggirano sugli 9 miliardi di euro. Il calcolo è facile: 14 meno 9 fa 5 miliardi di utile per lo Stato. Ma non è tutto oro quel che luccica, perché mancano i costi della cronicità generale, nel senso che molte malattie come il diabete o l’ipertensione, sono aggravate pur non essendo causate dal fumo. Mancano i costi del controllo sul contrabbando per cielo, mare e terra. E poi, quei 5 miliardi di euro che lo Stato incassa odorano di morte, di 80mila italiani sottratti prematuramente ai loro affetti familiari. Questa è follia. Ancor più se si pensa che tutto si svolge nella indifferenza generale. I cittadini fanno proteste di ogni tipo quando in gioco vi sono i salari, la salute e i diritti. Ma di fronte a questo olocausto fanno silenzio.
Ambiente a rischio
Non è finita. C’è anche il danno ambientale, di proporzioni impressionanti, a partire dalla coltivazione. Il primo problema di dimensioni planetarie è quello delle deforestazioni. Paesi come l’Indonesia, il Malawi e lo Zimbawe hanno abbattuto oltre il 30% del proprio patrimonio forestale per coltivare tabacco. Inoltre, i terreni destinati a ricevere una piantagione, vengono fumigati con pesticidi ad elevata tossicità per uccidere eventuali insetti che potrebbero danneggiare le foglie delle piantine.
Alla coltivazione, con sfruttamento di manodopera infantile nei paesi poveri e pesante impiego di fertilizzanti e pesticidi, si aggiungono gli incendi domestici e stradali. Quelli ai margini delle strade sono causati dal lancio dei mozziconi accesi dalle auto in corsa.
Quanto inquinano i mozziconi di sigaretta?
Un mozzicone contiene un residuo di tabacco della sigaretta e un filtro intriso di un concentrato di sostanze chimiche tossiche. Il 95% dei filtri di sigaretta è composto da acetato di cellulosa, un materiale plastico che per degradarsi può impiegare tre anni nel terreno, e fino a cinque anni nelle acque marine. Perciò si accumulano.
Nel mondo se ne gettano via ogni anno da 4 a 5 trilioni, con contaminazione invisibile della catena alimentare. Invisibile perché come tutti i materiali plastici, i filtri si riducono a frammenti piccolissimi al di sotto dei 200 micron. Non si vedono più, ma vengono incorporati da organismi viventi fino a ritornare nella tavola dei consumatori di pesce.
Tobacco endgame, il progetto contro il tabagismo
Quali misure di contrasto a questo gigantesco problema mondiale? Per prima cosa occorrono leggi condivise in tutte le nazioni che prevedono divieti e norme sul confezionamento. Di recente l’Australia e altri Paesi hanno adottato il “pacchetto anonimo”, tutti dello stesso colore e con le immagini al posto delle scritte, e hanno attuato un progetto che prevede la eradicazione del tabagismo in un arco di tempo di 20-30 anni. In altre parole hanno dichiarato la fine del tabacco, per essere precisi “la fine del gioco”, tobacco endgame. In Italia, 24 società scientifiche di sanità pubblica lo hanno adottato e lo promuovono in un manifesto reperibile e scaricabile in rete al quale si può aderire.