Una forte paura improvvisa, dirompente, lascia sempre un brutto ricordo nella persona che ne viene colpita. È l'attacco di panico, oggigiorno una patologia sempre più frequente che spesso non si limita ad una sola crisi isolata, ma sfocia in una ben più grave forma chiamata disturbo da attacchi di panico (DAP).
Attacchi di panico: i sintomi
La crisi di panico è solitamente caratterizzata da sudorazione, vertigini, vampate di calore, tachicardia, nausea, paura folle di morire o di perdere il controllo, spesso senza una reale motivazione. La spiacevole sensazione che l'attacco di panico lascia nel paziente spinge questi ad evitare le situazioni in cui la crisi si manifesta più di frequente o in cui l'imbarazzo da essa suscitato rende ancora più difficile il conviverci. Lentamente, quindi, il paziente eviterà, ad esempio, di frequentare determinati luoghi, di uscire da solo, di guidare o viaggiare sui mezzi pubblici. Molto spesso il paziente con attacchi di panico ricorre a richieste di aiuto dirette o indirette, per fronteggiare le situazioni se proprio non può evitarle.
Colpisce prevalentemente i giovani, e con il tempo tende a diventare cronico. Le statistiche mostrano che il 33% delle persone di età compresa fra 18 e 25 anni ha sperimentato il panico. Dieci milioni di italiani, prevalentemente di sesso femminile, lo ha vissuto almeno una volta. Tutti questi dati sottolineano la rilevanza e i costi sociali ed economici di questa patologia.
Il DAP si associa spesso ad altri disturbi:
- le fobie semplici, cioè paure riferite ad animali, luoghi specifici;
- la depressione, suscitata soprattutto dal non sentirsi più autosufficiente nelle piccole azioni quotidiane, dalla perdita progressiva di interessi, dal senso di inutilità finendo per isolarsi.
Terapia per attacchi di panico
Terapia comportamentale e terapia farmacologica, spesso anche associate, rappresentano la soluzione più utilizzata per questo tipo di patologia. Un altro approccio efficace ed efficiente nella risoluzione di questo problema è la Terapia Breve Strategica che si svolge con sedute dallo psicoterapeuta, nelle quali vengono date specifiche prescrizioni, assimilabili a dei "compiti a casa", in cui il paziente viene indotto ad assumere nuovi comportamenti riuscendo a gestire la paura. Così facendo, lo psicoterapeuta cerca di spezzare il circolo vizioso instauratosi tra sintomi, panico ed auto-limitazioni comportamentali indotte dalla paura di una nuova crisi.
La terapia farmacologica si fonda essenzialmente sulla somministrazione di farmaci specifici quali benzodiazepine - fino a qualche tempo fa regine incontrastate del trattamento farmacologico degli stati d'ansia - antidepressivi ed inibitori delle monoaminossidasi.
Tutta la terapia va assolutamente effettuata sotto strettissimo controllo medico (le benzodiazepine, ad esempio, possono indurre dipendenza se l'assunzione è troppo prolungata) e scrupolosa attenzione da parte del paziente. Come ogni terapia farmacologica è consigliabile utilizzarla per un breve periodo di tempo, accompagnandola ad un percorso psicoterapico, proprio perché il farmaco ha la capacità di abbassare i livelli della sintomatologia, mentre la psicoterapia ha come scopo quello di aiutare il paziente ad imparare a sostituire i comportamenti disfunzionali con quelli funzionali.
Attacchi di panico: cosa fare?
Il modo per vincere la paura è quella di affrontarla. Cercare di non pensare o di rilassarsi in quei momenti di panico aumenta addirittura i sintomi peggiorando la situazione. L’approccio Breve Strategico prevede un training di tre steps, dove puoi imparare a gestire la paura e i sintomi in maniera funzionale, senza ricadute nel futuro.
Come aiutare chi soffre di attacchi di panico
Se sei un familiare di un paziente che soffre di DAP, sicuramente ti troverai ad affrontare situazioni difficili ogni giorno. La tua funzione principale è quella di incoraggiare il tuo familiare e di aiutarlo a cercare un aiuto presso uno specialista. Come puoi incoraggiarlo e supportarlo?
Non incoraggiarlo ad evitare ciò che gli fa paura, ma neanche mortificarlo se non riesce a calmarsi, non trasmettergli più ansia di quanta ne sperimenti già durante le crisi, ma prova a tranquillizzarlo senza dirgli "Calmati". Tuttavia sii consapevole che hai dei limiti nel poterlo aiutare, in quanto il problema è risolvibile tramite strumenti psicologici professionali.