Il senso di colpa è, normalmente, un'emozione temporalmente passeggera, lieve o profonda destinata a svanire nel momento stesso in cui non ci si sente più 'colpevoli' per quella determinata azione pensata o desiderata, da se stesso causabile direttamente o indirettamente.
Vi sono però pure casi nei quali in una persona che senta perennemente di 'far male' e di vivere costantemente accompagnata da questo sentimento, esso possa trasformarsi in modalità esistenziale, indipendentemente dal fare effettivamente male ma solamente pensandosi capace di farlo (la cronicità del senso diventa patologia).
'Far male' significa non comportarsi secondo aspettative, morali o pratiche, presunte o fantasticate rispetto ad altri, reali o presupposte rispetto a se stessi. Ossia, significa pensare o supporre o avere la certezza di non comportarsi effettivamente 'bene' rispetto a canoni sociali o soggettivi. Invece, 'fare del male' significa agire malevolmente su un'altra persona, sia concretamente che moralmente.
Come si avverte e che cosa si prova
Facciamo un esempio: se una persona tradisce un'altra (compagno, figlio, collega – qualunque persona con la quale si abbia o si dovrebbe avere un rapporto di fiducia e di lealtà) può sentire emotivamente e psicologicamente di comportarsi male e, quindi, può provare il senso di colpa per ciò che fa o potrebbe o vorrebbe fare (ossia il tradimento) rispetto al comportamento atteso.
E ciò indipendentemente dalla messa in atto del pensiero o del desiderio. Se poi la persona decide di agire (nel nostro esempio quindi, di tradire, il senso di colpa per far male si trasforma nel sentimento del fare del male). Come detto, il senso di colpa è temporale ed è destinato a svanire nel momento stesso in cui termina il pensiero o il desiderio e si passa all'atto, atto che può essere o di abbandono del progetto oppure di realizzazione dello stesso. In altre parole, il senso di colpa passa o dovrebbe passare in entrambi i casi, sia che si abbandoni l'idea di tradire e sia che si tradisca.
E nel mentre c'è quel 'rospino' dentro l'anima che ti fa prendere la decisione: quel 'rospino' è il senso di colpa. E dalla 'emozione' senso di colpa si passa al 'sentimento' senso di colpa. Cambia la consapevolezza: nel primo caso è soggettiva: si pensa che l'azione – se compiuta - sia 'non buona' (come contrario di male) e nel secondo – invece – si ha la certezza e la volontà di fare davvero, di recare, di provocare del male all'altro.
I rimedi soggettivi
Per risolvere il senso di colpa ed arrivare all'abbandono del 'progetto' pensato, occorre ricorrere alla conoscenza del proprio grado di libertà individuale. Il concetto di 'libertà' come grado di evitamento della ripetizione coatta deriva dagli insegnamenti freudiani e la sua acquisizione aiuta ad evitare la coazione a ripetere dei comportamenti coatti dovuti a ricordi di eventi non elaborati, per cui si continua ad agire il ricordo stesso, appunto continuando a ripetere coattivamente l'azione che originariamente causò il Trauma o il conflitto.
Cioè, non avendo elaborato il trauma, ne resta il ricordo e lo si presentifica in continuazione coattivamente sotto forma di pensiero/azione. Invece, per risolvere il sentimento di colpa per aver agito concretamente ciò che originariamente procurava senso di colpa (pensiero o desiderio) occorre il pentimento. Non altro.
Il pentimento che comporta il dolore enorme, presumibilmente sincero, della nostalgia; nostalgia per aver commesso ciò che si è commesso, senza fermarsi davanti ai freni del pudore e restare nel 'semplice' senso di colpa del pensiero o desiderio.
I sentimenti
Poiché parliamo di emozioni e di sentimenti, occorre che la persona sia in grado di provarli: apparentemente sembrerebbe un'assurdità, invece è una realtà molto più frequente di quanto non si pensi; infatti, se così non fosse non avremmo né brutte azioni né reati (penali o morali). Comunque, provare senso di colpa è di chi ha ugualmente a Cuore l'affetto, la serenità, la benevolenza dell'altro ma non sa come fare per uscire, per districarsi da una personale soggettiva incapacità di star dentro alla situazione e alla relazione per i più svariati motivi, molto spesso legati all'autostima e al non sentirsi sufficientemente riconosciuto dall'altro in questione. Oppure, come specificato sopra, perché non si è 'liberi' di non continuare a ripetere vecchie situazioni irrisolte.
Chi è libero e commette una brutta azione, prova un senso di disagio, di riprovevole vergogna per il proprio comportamento (o pensiero o desiderio) e non senso di colpa. Questa differenza è molto importante.
Il ruolo del senso di colpa
Sentirsi in colpa durante una normale fase della vita fa bene, perché risveglia campanelli d'allarme e mette in moto una coscienza magari un po' addormentata rispetto a pregi e difetti della propria esistenza e di coloro con i quali si è vicini. Ci sono poi forme di 'stati' o di fasi in cui il senso di colpa non si sente per niente. Si vedano ad esempio le azioni di autolesionismo o di dipendenze o di Anoressia: nessun senso di colpa per la gravità in cui tali soggetti si cacciano, anzi senso di trionfo per 'fare del male' agli altri (ad esempio i genitori). Qui c'è poco da sperare neppure nel pentimento.
Esso potrà avvenire solamente dopo adeguate terapie per riappropriarsi del senso della misura delle proprie azioni inconsulte. Il senso di colpa oltre ad essere il campanello, la coscienza morale appunto, è anche un ottimo momento di 'verifica' della situazione psicologica di se stessi: un esercizio di vita che se fatto mette alla prova la qualità dell'esistenza.
In altre parole: se fatto l'esercizio sospinto dal senso di colpa si arriva sempre a qualcosa di buono. Dunque, chiedersi: perché sento questo rospino? che vuol dirmi? Sicuramente vuol dire che c'è necessità di un cambiamento, nel senso trasformativo e non per forza di abbandono o di perdita. Anzi.