Molti linfonodi sono presenti in sedi superficiali, facilmente palpabili e questo spiega la notevole frequenza con cui si riscontra una linfoadenopatia: nel bambino e nel giovane, ad esempio, i linfonodi sottomandibolari sono facilmente evidenziabili anche con un diametro inferiore ad 1 cm, mentre in un adulto sano si palpano facilmente linfonodi di 1-2 cm di diametro a livello inguinale.
Linfonodi gonfi, quando preoccuparsi?
Gli elementi fondamentali sono quattro:
- età del paziente: nell’adulto la comparsa di un linfonodo ingrossato rappresenta sempre un motivo di approfondimento diagnostico, mentre nel bambino e nel giovane la percentuale di linfonodi che aumentano di volume per cause benigne sotto i 30 anni arriva all’80%, percentuale che scende al 40% dopo quell’età;
- quadro clinico: la presenza di altri sintomi (disturbi accusati dal paziente) e segni (alterazioni riscontrabili oggettivamente) può indirizzare verso la diagnosi corretta. Ad esempio, la presenza di febbre e segni di infezione locale o generale suggerisce un’origine infettiva. Al contrario, un quadro generale caratterizzato da dimagrimento, sudorazione notturna e febbricola depongono maggiormente per una causa tumorale;
- sede: la valutazione del drenaggio linfatico e della sua distribuzione anatomica può consentire di acquisire utili indizi sulla causa dell’ingrossamento linfonodale. Ad esempio, la presenza di uno o più linfonodi aumentati di volume in sede sopra-claveare costituisce sempre una patologia seria, così come l’ingrossamento dei linfonodi addominali.
- modificazione nel tempo dell'obiettività: se un linfonodo inizia a crescere di volume o a diventare di consistenza dura o a provocare dolore, e tutto in breve tempo, sicuramente la situazione va approfondita senza indugio.
Cosa fare in caso di linfonodi ingrossati?
Occorre sempre tenere presente i fattori suddetti: in un giovane la presenza di un linfonodo sotto-mandibolare ingrossato difficilmente costituisce un problema grave, a meno che non sia di consistenza dura e diventi aderente ai piani sottostanti; mentre in un adulto o in un anziano l’ingrossamento linfonodale senza rialzo febbrile è sempre da indagare accuratamente, mediante esami ematici che possono confermare o escludere un’origine infettiva e mediante l’esecuzione di un’ecografia, che in mani esperte può facilmente riconoscere un linfonodo reattivo (cioè dovuto a reazione infiammatoria o infettiva) da un linfonodo di origine maligna (tumore primitivo o metastatico).
Oltre agli esami di laboratorio e all’ecografia, un esame dirimente in casi dubbi è costituito dalla biopsia linfonodale o dalla sua asportazione e successivo esame istologico. La biopsia si può effettuare mediante aspirato con ago sottile o mediante l’asportazione dell’intero linfonodo: in quest’ultimo caso la diagnosi è facilitata, dal momento che una componente fondamentale del linfonodo tumorale è il sovvertimento della sua struttura anatomica, cosa che può essere vista solamente esaminando l’intera linfoghiandola, mentre su un piccolo campione prelevato da ago-aspirato tale sovvertimento può sfuggire.
La valutazione delle stazioni linfoghiandolari profonde richiede l’utilizzo di tecniche di imaging quali TAC, RMN e PET, mentre quello che costituiva un tempo l’esame standard per la valutazione dei linfonodi, la linfografia, è ormai del tutto abbandonato, anche per la pericolosità dell’esame stesso, che prevede l’iniezione di un mezzo di contrasto ad elevato rischio di allergia.
L’argomento “linfonodi” è quindi un vasto e difficile campo della patologia, e non può certo essere esaurito in queste poche righe: di fronte ad una “ghiandola” gonfia occorre consultare il proprio medico curante che inizierà un iter diagnostico per venire a capo della questione. L’importante è non immaginare subito situazioni catastrofiche o, peggio, affidarsi a ricerche sul web, che il più delle volte portano a timori e ansie ingiustificati.