“La sfida delle mamme!! Sono stata nominata da xxx e xxx per visualizzare qui 3 foto che mi rendono felice di essere mamma...Nomino mamme che trovo fantastiche per la sfida delle mamme, e chiedo loro di inviare a loro volta 3 foto xxxxxx”.
Una catena di Sant’Antonio in cui si fa leva sulla “naturale” felicità insita nel ruolo materno. Oltre alle problematiche legate alla privacy dei bambini di cui tanto si sta parlando, abbiamo chiesto alla dott.ssa Trabalzini le motivazioni psicologiche che portano le madri ad aderire a queste iniziative.
Dottoressa, quali sono i meccanismi psicologici che spingono così tante madri a partecipare a queste iniziative nonostante l’evidente rischio per la privacy dei loro figli?
Purtroppo non sempre la tecnologia avanzata è amica del benessere psico-sociale. La possibilità di avere un posto privilegiato in rete, quindi essere visibile al mondo attraverso le immagini auto pubblicate, affascina e nello stesso tempo invoglia le persone ad autocandidarsi alla visibilità e notorietà. Le mamme non fanno eccezione a questa moda imperante in internet e, se a qualcuno viene in mente di voler avere a disposizione un gran numero di immagini di bambini sorridenti e felici, è sufficiente lanciare una campagna mediatica facendo leva sulla notorietà auto referenziata. Il punto è capire perché sono tante le mamme scese in campo pubblicando le immagini dei propri figli. Possiamo solo formulare delle IPOTESI, io personalmente preferisco pensare che a molte di queste mamme sia sfuggito un piccolo particolare: le foto pubblicate sono diventate di proprietà del social che ne può fare l’uso che ritiene più opportuno superando tutte le regole della privacy. Mi rifiuto di pensare che ci siano madri disposte, per soddisfare il proprio desiderio di essere indicate come una grande mamma, ad esporre le immagini dei propri figli agli usi più sconvenienti che alcuni personaggi squallidi ne possano fare.
Nel post è evidente l’associazione tra l’essere felici ed essere buone (fantastiche) madri. Qual è lo stereotipo sociale che questa associazione contribuisce a solidificare? Quali sono i rischi che ne derivano (se presenti)?
È nel nostro DNA femminile quello di essere una buona madre a partire dall’allattamento, le mamme che per problematiche indipendenti dalla volontà non possono farlo, troppo spesso si sentono inadeguate. Questo significa che tutte noi, donne e mamme, abbiamo bisogno di sentirci delle madri amabili, quelle che in due parole sanno dispensare la felicità ai propri figli. Se il goal della vita femminile è rispettato nel pieno della sua definizione, non abbiamo bisogno di altro ma se questo non lo è, ecco allora la necessità di ricorrere alle immagini di goal surrogate: mostro al mondo intero le foto del mio risultato, sono una madre buona e amabile. Il rischio ovviamente è quello di soddisfare un proprio bisogno e certo non quello dei figli.
Di là degli avvertimenti legali già abbondantemente sottolineati dalle forze dell’ordine, quali consigli si sente di dare alle giovani madri, sia quelle che si riconoscono nello stereotipo che a quelle che vivono la maternità in maniera più problematica?
I risultati dell’essere una madre in grado di dispensare felicità ai propri figli non si percepiscono da alcuni scatti realizzati nello spazio di un fotogramma, ovvero frazioni di secondo, ma nell’arco di uno spazio più ampio, quello della vita intera. Il mio suggerimento? Care mamme, siate più presenti con i bambini. Loro, i nostri figli, hanno bisogno del nostro amore dispensato con la presenza costante vissuta a suon di scambi di baci e carezze, di parole di elogio, di giochi inventati insieme e di favole raccontate con la propria amorevole voce la sera prima di addormentarsi e scivolare nel mondo dorato dei sogni.