Si celebra domenica 28 gennaio la 65esima Giornata mondiale dei malati di lebbra (Gml). Il morbo di Hansen, meglio conosciuto come lebbra, è diventato molto meno temibile di un tempo. Eppure questa malattia, considerata da molti la più antica nella storia dell’uomo, al mondo colpisce ancora 210mila persone ogni anno: una ogni 2 minuti. E i più a rischio di contagio sono i bambini. Dal 1981 la malattia è curabile grazie a un trattamento standard definito dall’Organizzazione mondiale della sanità e chiamato polichemioterapia.
Dopo l’inizio della cura, effettuata con tre farmaci, il malato non è più contagioso e di conseguenza non è necessario l’isolamento. Se non viene diagnosticato precocemente, però, il morbo può determinare disabilità gravi e in alcuni casi permanenti; deformità a mani e piedi, Insufficienza renale, atrofia muscolare ed infertilità, fra i sintomi più gravi.
In Italia la lebbra non è più una minaccia da tempo, ma può essere considerata una patologia riemergente a causa di un aumento dei casi importati. Nel 2016 l’Oms ha definito una Strategia per la Lebbra per il periodo 2016-2020: il piano prevede di «accelerare verso un mondo libero dal morbo – si legge nel manifesto –, rafforzare gli interventi di controllo della malattia e prevenire le disabilità soprattutto fra i bambini che vivono nei paesi endemici».
Gli obiettivi della giornata
La Giornata mondiale dei malati di lebbra si tiene dal 1954 nell’ultima domenica di gennaio, in Italia per volontà dell’associazione Amici di Follerau (Aifo), e serve a sensibilizzare, far conoscere la lebbra e combattere l’emarginazione delle persone malate. Sul sito di riferimento - www.aifo.it – la malattia è spiegata a 360 gradi e scorrendo tra le pagine si possono trovare gli eventi in programma, sotto lo slogan «#maipiù persone private della propria dignità, mai più indifferenza».
I dati e le cifre
Secondo i dati diffusi recentemente dall’Organizzazione mondiale della sanità, la lebbra è stata contratta nel 2016 da oltre 214mila individui.
Anche la percentuale di persone con disabilità è molto alta, a causa dei pochi e scarsi servizi di cura nei paesi interessati, che portano ad una diagnosi tardiva: nel 2017, fra le persone diagnosticate, 12.819 presentavano disabilità gravi, di cui 281 minori di 15 anni. Tali cifre, tuttavia, potrebbero essere molto sottostimate: siamo nelle zone più povere del mondo, dove il monitoraggio è decisamente difficile.
In particolare, la lebbra si è diffusa nel Sud Est asiatico, che si conferma la regione con il più alto numero di nuovi casi (75,10% del totale). La malattia di Hansen risulta altamente concentrata: 14 Paesi rappresentano da soli il 95% dei nuovi casi. In testa India (135.485), Brasile (25.218) e Indonesia (16.826). Per la seconda volta l’Oms registra anche i nuovi casi in Europa (nel 2016 sono stati 32).
Come si manifesta la lebbra
La lebbra è una malattia infettiva e cronica causata da un batterio (Mycobacterium Leprae) che colpisce la pelle e i nervi periferici degli arti superiori, inferiori e dell’apparato oculare.
Si manifesta in individui sensibili, ossia nelle persone che, per la loro specificità genetica e immunologica, non sono in grado di controllare ed eliminare l’infezione dopo il contatto con il batterio. Nei casi più gravi, la malattia è invalidante (neuriti, anestesia, paralisi).
In passato era considerata una maledizione di Dio e incurabile, in era moderna si è rivelata molto meno temibile. Di lebbra si parla già nella Bibbia, e sembra che la malattia abbia avuto origine in Africa e in India: il reperto più antico di resti umani con segni di lebbra risale al secondo millennio a.C. (uno scheletro di un uomo indiano di mezza età). Molto più tardi – nel 326 a.C. – la lebbra potrebbe essere stata portata in Europa dai soldati di Alessandro Magno di ritorno dall’Asia, ma solo nel XIII secolo è diventata endemica.
Una malattia, dunque che non deve essere presa sottogamba e, soprattutto, non deve essere considerata "lontana" dalla nostra realtà. Perché la salute passa sempre dalla consapevolezza.