Una giornata che rappresenta un’occasione unica per fermarsi a riflettere e, soprattutto, per divulgare una serie di informazioni su una patologia non del tutto conosciuta. Ogni anno, il 28 luglio, si celebra la Giornata Mondiale contro l’Epatite (World Hepatitis Day). La ricorrenza è stata istituita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità in concomitanza con il giorno in cui si commemora la nascita di Baruch Blumberg, il biochimico statunitense vincitore del premio Nobel per aver scoperto il virus dell’epatite B e sviluppato il primo vaccino.
L'obiettivo: richiamare l’attenzione dei governi
È il “diktat” dell’Oms, che intende richiamare l’attenzione dei governi affinché siano in grado di attivarsi, in modo concreto, per diffondere una maggiore conoscenza sulla malattia e adottare misure preventive funzionali e immediate – come lo screening per verificare qualità e sicurezza del sangue e degli emocomponenti usati nelle trasfusioni – sia incrementando l’accesso ai test diagnostici sia agevolando, per i malati, quello ai trattamenti.
L’epatite è un’emergenza sanitaria che necessita di un approccio su scala internazionale. Così l’Oms ha adottato la “Global health sector strategy on viral hepatitis 2016-2021”, con l’intento di ridurre del 90%, entro il 2030, le nuove infezioni e del 65% i decessi.
Che cos’è l’epatite virale
Per epatite virale si intende gruppo di malattie infettive, provocate da 5 differenti virus identificati con altrettante lettere (A, B, C, D, E) che si manifestano come un’infiammazione del fegato le cui conseguenze possono essere anche gravi (cirrosi, fibrosi, cancro).
Nella maggioranza dei casi si può parlare di epatiti di origine virale, ma il contagio può essere provocato anche da malattie autoimmuni, per via sessuale, attraverso sangue infetto oppure per l’abuso di sostanze stupefacenti e alcool. Conoscere il virus dell’epatite è una premessa davvero imprescindibile.
I numeri del virus
Nonostante si calcoli che nel mondo siano 400 milioni le persone colpite da epatite, si valuta che la percentuale dei soggetti ignari di aver contratto l’infezione sia talmente elevata da raggiungere il 95%. L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che ogni anno 1,45 milioni di persone muoiono di epatite B e C, il cui insorgere è associato a conseguenze gravi per una percentuale che si attesta all’80% dei pazienti.
Un vaccino antiepatite B è disponibile e numerosi paesi hanno deciso di inserirlo nei loro programmi di vaccinazione. E per quanto riguarda il vaccino antiepatite C? Sebbene non sia stato ancora sviluppato alcun vaccino, anche contro l’epatite C sono stati compiuti molti progressi.
Il mondo ha ignorato l’epatite
Ne è convinta Margaret Chan, direttore generale dell’Oms, secondo cui “il mondo ha ignorato l’epatite a suo rischio e pericolo. È tempo di mobilitare una risposta su scala globale simile a quella generata per la lotta contro altre malattie trasmissibili come l’HIV/AIDS e la tubercolosi”.
Ad ogni modo, il fulcro del tema è che non esiste vera innovazione senza costi sostenibili. Così, la grande sfida da affrontare per i decisori pubblici, i pazienti e le stesse aziende, è di conciliare giusta remunerazione dei costi di ricerca e sviluppo, accesso più vasto possibile ai nuovi farmaci, sostenibilità del sistema.
Per approfondire guarda anche: “Epatite C: come si trasmette?”