I pensieri di morte sono più diffusi di quanto si creda e purtroppo in certi casi la persona riesce a realizzarli. Qualche anno fa il suicidio, l’atto volontario di togliersi la vita, riguardava la popolazione di mezz’età con picchi dopo i 50 anni per i maschi e 55 per le femmine.
Ad oggi lo scenario si è ribaltato, l’età si sta abbassando e i casi sono in aumento, anche per quanto riguarda l’ideazione suicidaria e i tentativi di suicidio. Sono anche in aumentano gli episodi di autolesionismo. Lo scenario del Covid-19 ha segnato una crescita di questi fenomeni connessi a disturbi mentali sia nei ragazzi che nei giovani adulti.
A livello globale, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, i suicidi si collocano al secondo posto tra le cause di morte nella fascia d’età dai 15 ai 29 anni e lo stesso vale per i giovani italiani dai 15 ai 24.
Che cosa scatena il pensiero suicida nei più giovani?
Ci possono essere molte cause connesse tra loro. Il suicidio è, infatti, la punta dell’iceberg di un percorso di sofferenza, di tante frustrazioni accumulate e di molte cose tenute nascoste e dentro di sé. I dati sono drammatici e in aumento. Questo ci deve far riflettere sul malessere estremo che un giovane che si suicida può provare.
Autolesionismo in bambini e adolescenti: perché mio figlio si taglia e arriva a farsi male?
L’autolesionismo è un disturbo che si mantiene costante e continuativo nella quotidianità del soggetto. Questa caratteristica di ripetitività deve far riflettere sul fatto che è un disturbo che crea dipendenza, ovvero le ferite e le lesioni diventano una sorta di piacere perverso per il soggetto stesso. Tagliarsi, farsi male è un modo per trovare il sollievo da ansia e sofferenza. La “Sindrome da autolesionismo ripetuto” indica proprio questo meccanismo coattivo connesso ad un grande dolore psico-emotivo.
L’autolesionismo può essere di vari livelli di gravità e può presentarsi associato a altri tipi di disturbi di natura psicologica come depressione e crisi di ansia. Arrivare a farsi male è il segnale di un forte disagio psicologico, derivante da un malessere e per sopravvivere a tale dolore il soggetto decide di mettere in atto un comportamento lesivo fisico che possa a suo credere lenire il dolore mentale.
Le cause possono essere molteplici, possono essere legate ad esperienze sociali negative come:
- episodi di bullismo
- problemi familiari
- cattiva condotta scolastica
- abbandono precoce degli studi
- fallimenti di carattere generale.
Gli studi dimostrano che alla base c’è una forte incapacità ad affrontare le situazioni di stress emotivo, con una inadeguatezza nel gestire le emozioni. La bassa autostima è una costante presente nei soggetti che possono farsi del male.
Chi sono i soggetti più a rischio?
Gli adolescenti sono la popolazione più a rischio. In prevalenza le femmine, della fascia tra i 12 e 15 anni, che attraversano un momento di grande trasformazione fisica e vulnerabilità emotiva.
Una spiegazione sulla prevalenza di tale disturbo nel mondo femminile si rintraccia nella visione socio culturale stereotipata che vede le donne educate in una sorta di repressione di sfoghi fisici, mentre gli uomini più propensi ad esprimere disagio e rabbia all’esterno. Superata la fase adolescenziale si riscontra un calo nella popolazione femminile e aumentano i casi di incidenza nei giovani adulti maschi.
Hai bisogno di uno specialista?
Saper riconoscere una situazione a rischio permette di intervenire tempestivamente e prevenire episodi tragici. Un forte cambiamento della personalità e delle normali abitudini, come il silenzio o il ritiro dalla vita sociale, deve essere un campanello di allarme per i genitori; in questi casi bisogna tentare di aprire un dialogo con i figli, avere una comunicazione aperta e soprattutto saper ascoltare. Inoltre, è fondamentale rivolgersi a uno Specialista e intraprendere il giusto percorso di psicoterapia.