Cara Signora,
il termine TIA è un acronimo dall'inglese che vuol dire "attacco ischemico transitorio". La parola più importante è quindi "transitorio": si definisce così quando le manifestazioni (come appunto una improvvisa debolezza di una gamba o un braccio) si risolvono completamente entro le prime 24-48 dalla comparsa. Superato questo lasso di tempo, dopo le 48 ore fino alle successive 24 si parla di "TIA protratto". Se dopo quest'ulteriore lasso di tempo le manifestazioni difettuali (cioà la debolezza dell'arto, o quant'altro) non si sono risolte, si parla di ictus, e non di TIA. La diagnosi di certezza dell'ictus deriva dalla TC cerebrale (che diventa in tal caso quasi sicuramente positiva dopo le prime 48 ore dall'attacco). Durante tutto questo periodo d'osservazione il paziente va tenuto a letto e preparato per eventuali terapie parenterali. C'è discordanza se intentare subito una terapia anticoagulante una volta esclusa con una prima TC (da fare subito) l'ipotesi di un'emorragia cerebrale. Vanno intanto monitorate le condizioni cardiocircolatorie, la diuresi e la temperatura del paziente.
Se nelle prime ore dall'attacco le condizioni obiettive, invece di migliorare tendono a peggiorare, bisogna trasferire il paziente in terapia intensiva e tentare delle pratiche di disostruzione tromboembolica.
Ora, io non so esattamente cosa sia successo nel pronto soccorso.
Sulla base di ciò che vi ho detto, potete comunque capire quale dev'essere il comportamento del personale sanitario in caso di sospetto TIA.
Giudicate voi, ed eventualmente fate giudicare anche qualcuno addetto a farlo.