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Esperto Risponde

Gentile dottore, desidero innanzitutto

Gentile dottore, desidero innanzitutto ringraziarla per le risposte ricevute finora. La disturbo nuovamente per sottoporle una questione più generale, che forse è ormai tardi da valutare, ma che da qualche giorno è diventata un vero tormento per me e mio marito. Riassumendo la situazione, nel mese di aprile mio marito ha scoperto di essere affetto da cirrosi epatica causata da epatite B (HBsAg +, HbeAg -, HBVDNA 421820 IU/ml PCR in real time). Purtroppo lo stadio di cirrosi si è rivelato da subito abbastanza avanzato (cirrosi scompensata), con abbondante versamento ascitico, varici esofagee, ittero, e altri parametri fuori della norma (ma transaminasi non molto alte), tali da far rientrare il caso nella classe C della classificazione di Child. Attualmente segue una terapia di supporto per gestire le complicanze (antra, aldactone, normix, lattulosio, vitamina K, albumina) più una terapia antivirale con lamivudina, cominciata da poco. Ed è proprio su quest'ultima che siamo perplessi e vorremmo un suo gentile parere. Inizialmente lo specialista presso cui era in cura aveva avuto dei dubbi circa l'utilità della lamivudina nel caso di mio marito, ma poi successivamente, dopo aver ripetuto alcune analisi, si è convinto per il si' e l'ha prescritta. Essendo rimasti noi stessi dubbiosi sulla questione, abbiamo consultato un secondo specialista, il quale invece da subito non ha avuto incertezze, consigliando vivamente la terapia (lamivudina e poi adefovir in caso di resistenze) e asserendo in sostanza che l'esperienza clinica al riguardo mostra un certo beneficio sia in termini di prognosi che di insorgenza nel tempo di HCC. A questo punto, confortati anche dalla lettura di alcuni articoli sull'argomento, sebbene fossimo consapevoli di alcuni dei rischi (sviluppo appunto di virus mutati), abbiamo optato per l'inizio della terapia. Pochi giorni fa però, durante un controllo, un terzo specialista ci ha detto che, nel caso di mio marito, non era assolutamente da prendere in considerazione una terapia con lamivudina e che, semmai, questa doveva essere intrapresa prima che la cirrosi andasse in scompenso, mentre allo stato attuale l'unica cosa da fare era di cercare di arginare la situazione con la sola terapia di supporto, in quanto la lamivudina, a questo stadio della malattia, oltre a non dare grossi benefici, ci espone a tutta una serie di problemi (durata del trattamento, possibilità che il virus diventi improvvisamente "incontrollabile" con conseguenze anche molto gravi) che, considerando anche che non è proponibile il trapianto per via dell'eta', non vale la pena affrontare; tuttavia adesso non è più possibile tornare indietro. Come può immaginare siamo a questo punto più che mai disorientati: abbiamo fatto bene a cominciare la lamivudina o avremmo dovuto davvero limitarci alle sole misure di supporto per la cirrosi? Aggiungo che le ultime analisi, dopo 5 settimane di terapia, mostrano un valore di HBVDNA di 7450 IU/ml, mentre tutti gli altri sono sostanzialmante stazionari. Grazie mille per la disponibilità.
Risposta del medico
Dr. Fegato.com
Dr. Fegato.com
La ringrazio prima di tutto per le gentili parole che ha avuto al nostro riguardo. Siamo in accordo con quanto è stato consigliato a suo marito in merito alla terapia con la lamivudina, che andava certamente iniziata e che ha mostrato una discreta efficacia avendo ridotto la carica virale a valori non influenti. Riteniamo di poterle assicuare che quanto ha fatto è quello che attualmente si consiglia di fare in un caso come quello di suo marito.
Risposto il: 14 Dicembre 2006