- In generale, che cosa è possibile dire a proposito dell'innamoramento e dell'amore?
- In senso più particolare e concreto?
- È noto che tra i due sentimenti esistono differenze sostanziali e che ognuno di noi li interpreta con modalità soggettive. Qual è il suo pensiero?
- Oltre a queste differenze, pensa ce ne siano anche nelle reazioni e nei tempi?
- Secondo lei, dunque, uno stato è preferibile all'altro?
- A quali malattie si riferisce?
- Una immagine per concludere?
Tra l’innamoramento e l’amore esistono delle differenze rilevanti. Ognuno li interpreta in maniera soggettiva. Intervista alla Prof.ssa Grazia Aloi, Specialista in Psicologia e Psicoterapia e Sessuologia.
In generale, che cosa è possibile dire a proposito dell'innamoramento e dell'amore?
Freud dice: “L'innamoramento avviene quando la libido narcisistica si trasforma in libido oggettuale”; Eric Fromm dice: “C'è un amore maturo () e un amore immaturo ()”. Due differenti posizioni che possiamo interpretare in un'unica 'realtà': per Amare, devo uscire da Me e passare a Te, venire da Te. In altre parole: “ora voglio aver bisogno di Te, ne sono capace”. Quindi, c'è un 'tempo di passaggio' da innamorati di noi stessi a innamorati di qualcun altro. La mia posizione al riguardo è molto semplice, anche se forse un po' audace rispetto alla tradizione psicoanalitica. Ma, come Nietzsche con Zarathustra insegna, è bene tentare di superare e superarsi.
A parte una sana quota di innamoramento e di amore per se stessi, assolutamente indispensabile, ritengo che non ci sia la possibilità umana di essere 'effettivamente' innamorati di se stessi: quella di Narciso è una tragedia terribile, in quanto il povero fanciullo si è sì innamorato ma non di se stesso, bensì della sua immagine, cosa ben differente e, quindi, ama la riflessione di ritorno, restando intrappolato e schiavo nel bisogno di avere sempre e solo un'immagine piacente e piacevole per continuare ad essere sempre come vuol essere visto, ossia fedele all'immagine che fa innamorare. Immagine che fa innamorare, non immagine di cui si è innamorati!
E dunque, non da Se Stessi all'Altro, ma da ciò che si pensa si debba essere per gli altri a ciò che si vuole essere per gli Altri. Ecco la differenza che spiega il pensiero che non si può effettivamente essere innamorati di se stessi (se non nella sofferenza 'patologica' e quindi è auspicabile che non sia così).
In senso più particolare e concreto?
Noi, comuni esseri mortali che nei sentimenti ci ruzzoliamo come animaletti sempre alla ricerca e che incappiamo in ogni tipo di situazione, diciamo che non è facile immergerci spensieratamente nell'arcobaleno delle emozioni e dei sentimenti... figuriamoci parlarne! Magari le parole le conosciamo, solo che non sappiamo, a volte, pronunciarle né a bassa voce né - tanto meno - ad alta voce per ascoltarle e farle ascoltare. E poi diciamo che 'parlare di certe cose' significa svelare i nostri tabù, le nostre fragilità e - perché no? - anche le nostre ignoranze.
Noi possiamo sapere tutto di tutto, essere delle enciclopedie viventi ma non saper adattare a noi stessi qualche significato, soprattutto di quelli che 'tirano dentro'. Ma è poi davvero così difficile parlare d'amore? Parlare d'amore no, non credo assolutamente: non difettiamo certo di fantasia al riguardo, ma parlare di noi davanti all'amore, beh, sì, credo che sia difficile. Il motivo credo stia, appunto, nella difficoltà di voler sapere, veramente fino in fondo, se amiamo e se sì, chi, come e perché e con quali conseguenze... è dunque spiegato da solo quanto l'innamoramento e l'amore siano 'sconosciuti' rispetto a noi stessi, alle nostre intime reazioni.
È di questo che vorrei parlare io, della vulnerabilità davanti ai sentimenti e non tanto dell'innamoramento e dell'amore in quanto tali, di cui è piena la letteratura scritta con ogni penna, la più diversa possibile e immaginabile. Di tutto e di più come in ben pochi altri casi. E ciò avrà un senso.... (senza sentimenti si muore, ancor più che senza emozioni). E parlarne 'per definizioni' aiuta ugualmente...
È noto che tra i due sentimenti esistono differenze sostanziali e che ognuno di noi li interpreta con modalità soggettive. Qual è il suo pensiero?
Dunque, se per innamorarsi occorre uscire fuori di testa, per amare occorre uscire fuori da sé e, quindi, l'innamoramento è il tempo dell'apprendimento a fuoriuscire da sé; dopo di che o si rientra o si resta fuori e si passa all'amore per quella stessa persona. In altre parole, quando ci cadono le bende dagli occhi e siamo in grado di 'vedere' i limiti dell'altro, siamo davanti al momento cruciale: o perdiamo l'interesse o passiamo all'apprezzamento reale. Nell'innamoramento non vediamo i limiti, è tutto 'bello'; nell'amore ci accorgiamo che c'è anche il 'brutto' e lo accettiamo (con amore).
Si dice che l'amore sia cieco, ma in effetti si dovrebbe dire che l'innamoramento è cieco: ci si innamora delle qualità, presunte tali in base ai propri bisogni, non della persona. Ci si innamora dell'immagine, non della realtà. L'amore non può essere cieco e deve assolutamente avere gli occhi (della critica e dell'accettazione). Se siamo innamorati prediligiamo il 'segreto' e il 'mistero' (derivante dal senso etimologico di mistero my- e myéo 'chiudere' e 'con gli occhi e la bocca chiusi'); se amiamo, desideriamo la sincerità e la chiarezza (derivante dal senso etimologico di amore - astrotos: 'senza alcun velo').
Due leggende tra le molte sul tema portano a riflettere su quanto indicativo sia il prolungamento e l'imposizione del segreto all'altro: dalla parte femminile, quella di Melusine e, dalla parte maschile, quella di Amore e Psiche, per intendere anche quanto di tutti sia il bisogno di escludere l'altro dalla propria parte più profondamente intima e inaccessibile. Ne faccio uso, qui, come metafora della fine dell'innamoramento in ogni caso, ossia nel caso di superamento della prova di curiosità e del saper attendere dell'altro, e quindi fine per poter passare all'amore come fase successiva della relazione, o come fine vera e propria in quanto l'altro non soddisfa più le nostre richieste.
In entrambi i casi, Melusine e Amore impongono un divieto, un interdetto: non devono essere visti dall'altra persona quando viene detto che non deve guardare, pena la fine e l'abbandono. Solo se si supera la prova della tentazione di voler diventare l'Altro senza il tempo del permesso si può passare all'amore 'scoperto' (appunto, senza nessun velo), altrimenti, è destinato a finire. Vale il discorso d'apertura: "ora sono pronto per venire da Te (e farti venire da Me)".
L'innamoramento è gioia dell'attesa, l'amore è felicità dello stato. Se siamo innamorati proviamo la gioia di esserlo per noi stessi; se amiamo, siamo felici per l'altro; se siamo innamorati, proviamo l'entusiasmo nell'accingersi a fare qualcosa; se amiamo, proviamo la soddisfazione per aver fatto, compiuto qualcosa (la stessa differenza che i Greci mettevano tra Himeros e Thelema).
L'essenza dell'innamoramento è in un accadimento che non modifica, l'essenza dell'amore è nella costruzione e nella trasformazione. Noi davanti all'innamoramento siamo come sospesi nel respiro dell'altro che ci viene offerto; nell'amore siamo stretti stretti a respirare nella stessa ampolla costruita da entrambi. Se siamo innamorati, siamo disposti alle più estenuanti fatiche pur di 'conquistare' l'attenzione dell'altro e farla restare desta per noi; se amiamo, siamo disposti alle più estenuanti fatiche per far felice la persona amata, senza niente in cambio, mettendoci del nostro, tutto il sacrificio di cui siamo capaci (e il vero amore ne offre una capacità enorme); se siamo innamorati, siamo impegnati nel 'piacere' dell'altro, con spensieratezza e irrazionalità; se amiamo siamo impegnati nel 'bene' dell'altro, con critica e giudizio. Se siamo innamorati fantastichiamo con il pensiero, se amiamo sperimentiamo con l'azione.
Se siamo innamorati, siamo spinti dalla superficialità della spontaneità; se amiamo siamo governati dalla profondità della ponderatezza. Se siamo innamorati siamo 'egoisti'; se amiamo siamo espansivi. Se siamo innamorati, 'siamo' innamorati; se amiamo, 'abbiamo' l'amore. Se siamo innamorati utilizziamo la nostra capacità egoistica di prendere ciò che desideriamo che l'altro ci dia; se abbiamo e manteniamo un amore utilizziamo la nostra capacità altruistica nel desiderare di donare ciò che, magari faticosamente, riteniamo poter donare. Se siamo innamorati, lo siamo per istinto; se amiamo, lo siamo per 'elezione', con ragione e senza istinto o concupiscenza, liberi di agire nella responsabilità della scelta matura. (In questo senso, 'oso' dire che l'innamoramento è 'democratico', l'amore è 'meritocratico').
Se siamo innamorati, siamo 'passivi' davanti allo struggimento della Passione (Pathos), che è appunto il 'patire' nella bramosia dello struggimento. Se amiamo, siamo 'attivi' nel desiderio (radice Kam, desiderare) e 'vivi'(a-mors: senza morte).
Oltre a queste differenze, pensa ce ne siano anche nelle reazioni e nei tempi?
Essere innamorati è facile; avere un amore è difficile, perché si rischia di soffrire e di essere abbandonati. Nella fine di un innamoramento c'è la frustrazione dell'idealizzazione; nella fine di un amore c'è la sofferenza per la crudeltà della realtà (l'innamoramento ha a che vedere con l'Io-ideale, mentre l'amore con l'Io-reale). La fine di un innamoramento può renderci pronti per uno nuovo (a volte anche motivo della fine), mentre l'inizio di un nuovo amore deve passare attraverso la depressione della perdita precedente.
In questo senso, noi siamo emozionalmente ed affettivamente monogami. Ciò porta ad innamorarci nel momento, nel tempo del bisogno e ad amare nel tempo indeterminato del desiderio della corresponsione. Ci innamoriamo quando siamo pronti a voler cambiare qualcosa, mentre amiamo quando desideriamo consolidare e mantenere quello che abbiamo. Si può essere innamorati in qualunque momento di chiunque soddisfi i nostri bisogni, mentre non si può amare (almeno nell'accezione di questa argomentazione) a lungo chi non ci corrisponde.
Così come noi possiamo far innamorare chiunque abbia orecchie per la nostra chiamata, non riusciremo mai a farci amare da chi desideriamo ci ami e corrisponda il nostro sentimento. Davanti ad un amore non corrisposto siamo 'piccoli': così come nella leggenda lo era Eros fintanto che non ebbe la compagnia di Anteros e non fu più solo e poté diventare finalmente 'Grande', ma ogni volta che Anteros si allontanava, Eros ritornava fanciullo piccolo e solo (ecco perché si dicono tutte le belle frasi d'amore per intendere che senza l'Altro si è persi, piccoli e soli).
Eros per crescere e restare Grande ha bisogno della compagnia di Anteros, dell'Altro. Ma per accogliere e mantener(e)(si) la compagnia dell'Amore dell'Altro occorre una certa predisposizione che, invece, non necessita nell'Innamoramento. Per essere innamorati, non occorre la rinuncia a se stessi, anzi, e non occorre uno stato di grazia a-priori; per amare, sì... Per amare, occorre che si sia in 'buona compagnia', ossia si possieda un buon assetto interiore, una buona realizzazione di sé attraverso uno stato di felicità (in senso filosofico, questo stato è chiamato 'eudaimonia').
Occorre, dunque, beatitudine e felicità (fe: stessa radice di filius, fecondità) per poter generare, accogliere e far vivere un amore: occorre uno stato di armonia, e armonia significa 'colei che riunisce'. Per amare, dunque, occorre essere uniti a se stessi in buona compagnia per potersi unire all'altro. Per innamorarsi, invece, occorre essere disponibili ad accogliere che gli altri soddisfino i nostri bisogni.
Secondo lei, dunque, uno stato è preferibile all'altro?
No, non è questo il punto. Apparentemente, l'innamoramento ne potrebbe uscire un po' bastonato, magari perché capriccioso ed immaturo, ma non è certo così. Se è vero che ci può essere innamoramento senza amore e non ci può essere amore senza innamoramento, è altrettanto vero che non può esserci vita senza passione. Non mi sembra poco. Comunque, un merito l'innamoramento ce l'ha: fa ammalare meno, e meno gravemente, dell'amore.
A quali malattie si riferisce?
Cito solo la filofobia e la limerance e un tipo particolare di infarto (anche delle devianze amorose è piena la letteratura e non mi soffermo). La prima riguarda la paura incondizionata di amare. In particolare riguarda la paura verso il desiderio dell'altro, che significa non saper accettare la possibilità della mancanza che verrebbe a crearsi nella delusione e nella perdita di una fine. Allora, meglio non iniziare neppure.
La limerance riguarda l'idealizzazione irrazionale, forzata e ossessiva dell'altro, per cui ci si innamora sempre di persone sbagliate, non in grado né di soddisfare alcuna richiesta, né - tanto meno - di corrispondere e ricambiare. Lo stesso stato - che decisamente provoca senso di inutilità - può portare ad una situazione di insoddisfazione verso il vero amore e a continue fughe verso l''infedeltà' (tra virgolette perché si tratta di un'infedeltà al sentimento dell'amore e non alla persona).
Chi ne soffre, ama l'amore di per sé, come cosa astratta, e non è in grado di collocarlo in una persona in particolare, per cui deve correre continuamente da un amore fittizio ad un altro altrettanto fittizio. In ultimo, la patologia organica del 'Cuore infranto' (in medicina nota come infarto tako-tsubo) merita di essere menzionata se non altro per la rarità e scarsità di considerazione psicologica. Si tratta di una cardiomiopatia acuta da Stress molto collegabile, appunto in senso psicologico, al 'mal d'amore' provato per situazioni di abbandono improvvise e senza che ci sia stata la possibilità di rimedio o di razionalizzazione dell'evento Traumatico.
Una immagine per concludere?
Se siamo innamorati andiamo a cena con l'altro; se amiamo facciamo la spesa e cuciniamo insieme. Metaforicamente e non. Finché sapremo dosare le calorie, mantenere la linea e non ci mettiamo o ci mettono a dieta e, soprattutto, finché sapremo scegliere ingredienti e menu adatti a noi.