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Obesità e desiderio di gratificazione

Obesità e desiderio di gratificazione

Secondo la teoria di uno studioso americano l'obesità e l'ossessione per il cibo sarebbero legati a processi di gratificazione e ricompensa.

L’obesità potrebbe essere provocata dalla sete di gratificazione e di ricompensa. È l’interessante teoria formulata dal ricercatore statunitense Eric Stice e apparsa sulle pagine dell’ultimo numero del Journal of Neuroscience.

Stice, ricercatore presso l’Oregon Research Institute, è partito dal desiderio di confermare una teoria piuttosto accreditata e cioè che si mangia in maniera ossessiva ed esagerata perché il cervello presenta delle alterazioni tali da comportare una carenza di ormoni, come la dopamina, responsabili di una profonda sensazione di rilassamento e appagamento, e la cui produzione viene stimolata proprio dall’assunzione di cibo.

A seguito delle sue ricerche Stice sembra essere giunto, invece, a una conclusione del tutto diversa. Nel cervello delle persone obese non si registrerebbe una minore attività delle zone del cervello coinvolte nel processo di produzione della Dopamina, ma anzi queste aeree sarebbero maggiormente sensibili. In altre parole chi mangia in modo ossessivo è più vulnerabile alle gratificazioni offerte dal godimento di una pietanza gustosa e soffre di una carenza nella ricettività cerebrale. 

Ma come si è svolto lo studio di Stice? Il ricercatore ha arruolato 60 adolescenti magri ad alto rischio di obesità, perché con genitori in sovrappeso o obesi, e li ha sottoposti a risonanza magnetica per comparare la risposta neuronale alle ricompense offerte sotto forma di cibo o di denaro.

Le evidenze hanno suggerito che il desiderio di mangiare in modo eccessivo potrebbe essere causato da anomalie del processo di gratificazione. I test, infatti, hanno mostrato che ad attivarsi in risposta a una 'premio in cibo' erano le stesse aree del cervello che si attivavano in risposta a una proposta di premio in denaro.

In generale gli individui ad alto rischio di obesità sono più sensibili di fronte alle offerte di gratificazioni in generale, siano esse sotto forma di cibo che di denaro”, ha spiegato il ricercatore.

Lo studio ha anche mostrato che i giovani a rischio obesità mostrano una iperresponsività delle regioni somato-sensoriali che gioca un ruolo chiave anche nella percezione della quantità di grassi nel cibo: ciò suggerisce che le persone particolarmente sensibili a rilevare cibi ad alto contenuto di grassi sarebbero a rischio obesità.

Ultimo aggiornamento: 20 Maggio 2015
3 minuti di lettura
Commento del medico
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Negli ultimi decenni si è assistito all’aumentare incessante del numero di persone obese. Da un punto di vista psicopatologico l’obesità, sebbene sia considerata una condizione che richiede assistenza e cura, non compare direttamente nella classificazione dei Disturbi del Comportamento Alimentare.

Si fa riferimento invece ad un non specificato Disturbo da Alimentazione Incontrollata in cui sono inserite tutte le situazioni in cui un discontrollo dell’alimentazione porta all’obesità.

Studi come questo in esame risultano pertanto utili per sottolineare la presenza di specifici meccanismi psicologici e neurofunzionali che contribuiscono alla genesi e al mantenimento dell’obesità e la cui analisi consentirà una più precisa conoscenza e un approccio risolutivo più mirato.

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