Il sovrappeso e l’obesità sono condizioni nelle quali un giusto apporto nutrizionale, quindi una dieta ipocalorica corretta e bilanciata, sono considerati fondamentali. A volte però, nonostante la persona si attenga scrupolosamente agli schemi consigliati, non riesce ad eliminare il peso superfluo con facilità, oppure, quando vi riesce, anche con grossi sacrifici, tende a riprenderlo immediatamente alla fine del periodo di dieta.
Ancora una volta la spiegazione di ciò va cercata considerando il concetto della qualità del cibo che risulta essere più importante della sua quantità. Lavorare sulla qualità significa scegliere i prodotti attraverso la lettura delle etichette, evitando così zuccheri, grassi, cibi cotti e preconfezionati che impediscono al metabolismo un buon funzionamento poiché inviano messaggi infiammatori.
Si dice di solito che per ridurre il peso in eccesso bisogna ridurre l’apporto calorico, ma il nostro fisico è molto più complesso di una banale macchina brucia-calorie. Le tanto decantate diete ipocaloriche, oltre ad avere, il più delle volte, un effetto limitato nel tempo, essendo restrittive impongono al metabolismo una riduzione degli apporti calorici, al di sotto del presunto consumo calorico giornaliero, producendo importanti conseguenze quali depressione del metabolismo, riduzione dell’apporto di sostanze nutritive, depressione di tutte le attività organiche e fisiologiche.
Per dimagrire, invece, bisogna sì agire sul metabolismo ma previa verifica della presenza o meno di infiammazione cronica e stress ossidativo. Tali condizioni esistono quasi sempre e si associano all’accumulo di adipe, spiegando così l’abbassamento del metabolismo e l’aumento di peso, in un circolo vizioso senza fine. L’infiammazione da cibo è stata per anni scarsamente compresa ed oggi viene spesso ed impropriamente considerata intolleranza alimentare o ipersensibilità verso alcuni alimenti.
La ricerca ha consentito di capire che qualsiasi cibo può produrre, in persone sensibilizzate, la produzione di citochine e sostanze infiammatorie che provocano tutte le sequenze di sintomi, disturbi e malattie, messe in precedenza in relazione con le cosiddette intolleranze. Le persone che lamentano disturbi all’assunzione di certi cibi producono una sostanza detta Baff (B cell activing factor) che attiva l’infiammazione, dando così origine a disturbi che si manifestano nel tempo e non immediatamente, come le allergie. I valori di Baff indicano il livello di infiammazione correlato al cibo presente in una persona e permettono di agire di conseguenza per ridurre l’infiammazione. È recente la definizione di “sensibilità al glutine”, una intolleranza al glutine che provoca gli stessi sintomi della celiachia senza esserlo, dovuta solo all’attivazione delle reazioni difensive dell’organismo.
Il superamento del livello di soglia nell’assunzione alimentare ripetuta manifesta la reazione infiammatoria come allarme per modificare il comportamento alimentare; sembra che l’introduzione di un alimento che non si tollera si traduca in un lento avvelenamento dell’organismo causando sintomatologia di difficile interpretazione, a carico di tutto l’organismo es. cistite, psoriasi, colon irritabile, diarrea, sinusite, orticaria, infezioni ripetute, mal di testa, pancia gonfia, artrosi,o anche molte malattie immunologiche come il Lupus eritematoso sistemico o l’artrite reumatoide.
Tra questi il disturbo più comune per cui ci si rivolge ad uno specialista è il semplice fatto di ingrassare in modo incomprensibile ma in realtà a causa dell’infiammazione che a sua volta provoca una resistenza delle cellule all’insulina per cui non si riescono ad utilizzare gli zuccheri che si accumulano sotto forma di grasso: il sovrappeso favorisce l’infiammazione, la presenza di infiammazione favorisce l’obesità, in un circolo vizioso e dannoso. In effetti la reazione infiammatoria serve a proteggere l’organismo ma se l’equilibrio naturale va in tilt, si crea un allarme permanente ossia una infiammazione cronica.
Gli antiossidanti possono spegnere l’infiammazione e spingere il metabolismo verso l’utilizzo dei grassi, anche in questo caso alcuni elementi inibiscono lo sviluppo di infiammazioni, comunicando direttamente al DNA segnali per l’attivazione metabolica che riescono ad aumentare la protezione.
Le infiammazioni sono correlate strettamente allo stress ossidativo: ciò che favorisce l’uno favorisce l’altro e ciò che riduce l’uno riduce l’altro. I fattori che portano all’aumento di questi due fattori favoriscono anche i processi d’invecchiamento, la demenza senile, l’obesità, il diabete, le malattie cardiovascolari.
Esiste una originale interpretazione evoluzionistica delle reazioni agli alimenti: tutti nascono allergici, poi diventano tolleranti con l’introduzione graduale dei cibi a cui si abituano. Successivamente può capitare che l’organismo adulto può diventare intollerante verso alcuni alimenti per vari motivi:indebolimento del sistema immunitario, additivi e conservanti presenti nel cibo, squilibrio della flora intestinale, esposizione alle tossine e ai metalli pesanti, per cui quando vengono ingeriti il sistema immunitario si attiva con la reazione immunitaria.
Si può recuperare la tolleranza ed il controllo dell’infiammazione imparando a mangiare in modo vario e sano attraverso una pratica quasi somigliante allo svezzamento infantile, attraverso un percorso fisiologico di salute alimentare ed immunologica.
Bibliografia
- La dieta metabolica; Marcello Mandatori; ed. Tecniche Nuove
- Recuperare la tolleranza alimentare; Attilio Speciani, Francesca Speciani; ed. Tecniche Nuove
- Come una pentola a pressione; Attilio Speciani, Gabriele Piuri; ed. Tecniche Nuove