A distanza di 12 anni dall’ultimo caso registrato, in Francia, nell’Ardenne, è stata scoperta la BSE (Bovine Spongiform Encephalopathy) in una mucca da macello. Le autorità francesi, comunque, si sono affrettate a rassicurare sull’assenza di rischio per i consumatori. Ieri, inoltre, il Ministero dell’Agricoltura ha comunicato che il bovino (morto pochi giorni fa) non presentava segni di malattia clinica.
La BSE è stata, quindi, confermata grazie alla somministrazione di un test rapido, risultato positivo, per cui sono subito scattate tutte le verifiche del caso, in attesa dei risultati di un altro test che dovrebbe, entro otto o dieci giorni, confermare o smentire il caso (apparentemente isolato) di ‘mucca pazza’. Un campione, tra l’altro è stato inviato in Gran Bretagna dove sarà analizzato dal laboratorio di riferimento in Europa su questa malattia. In attesa del risultato, come misura preventiva, sono stati posti sotto sorveglianza gli altri 400 animali che appartengono all’allevatore di quella malata, vietando la loro circolazione fuori dall’azienda.
A questi comportamenti si possono associare sintomi che rivelano un coinvolgimento del sistema nervoso autonomo, come la diminuzione della frequenza di ruminazione e del battito cardiaco, e la caduta della produzione lattea.
In una fase successiva della malattia, le mucche tendono a rimanere con la testa abbassata, vanno soggette a tremori involontari e l’andatura si fa barcollante. Incespicano e cadono spesso sulle zampe posteriori, fino a punto in cui non riescono a mantenere la stazione eretta.
Ed è di oggi, infine, la notizia del ritorno a tavola, dopo 15 anni di assenza, della pajata, ricetta tipica della cucina romana, ovvero l’intestino tenue del vitellino da la latte o del bue, utilizzato principalmente per la preparazione di un tipico piatto di pasta.
La BSE è stata, quindi, confermata grazie alla somministrazione di un test rapido, risultato positivo, per cui sono subito scattate tutte le verifiche del caso, in attesa dei risultati di un altro test che dovrebbe, entro otto o dieci giorni, confermare o smentire il caso (apparentemente isolato) di ‘mucca pazza’. Un campione, tra l’altro è stato inviato in Gran Bretagna dove sarà analizzato dal laboratorio di riferimento in Europa su questa malattia. In attesa del risultato, come misura preventiva, sono stati posti sotto sorveglianza gli altri 400 animali che appartengono all’allevatore di quella malata, vietando la loro circolazione fuori dall’azienda.
Non un Virus ma una Proteina causa la BSE
La BSE è una malattia causata da un agente infettivo non convenzionale, non un virus ma una proteina modificata rispetto alla forma ‘non patologica’, detta ‘prione’. La malattia, che prende il nome dalle lesioni encefalitiche, colpisce maggiormente le mucche da latte, che si ammalano con maggior frequenze all’età di circa cinque anni.I sintomi
Dal punto di vista clinico i sintomi rilevabili (e i primi a comparire) sono prevalentemente di tipo neurologico, tra cui prevalgono modificazioni del comportamento, della sensibilità, del movimento. La mucca, pertanto, diventa ansiosa, nervosa e aggressiva e sembra intimorirsi dall’avvicinamento dell’uomo.A questi comportamenti si possono associare sintomi che rivelano un coinvolgimento del sistema nervoso autonomo, come la diminuzione della frequenza di ruminazione e del battito cardiaco, e la caduta della produzione lattea.
In una fase successiva della malattia, le mucche tendono a rimanere con la testa abbassata, vanno soggette a tremori involontari e l’andatura si fa barcollante. Incespicano e cadono spesso sulle zampe posteriori, fino a punto in cui non riescono a mantenere la stazione eretta.
Storia
La BSE, fu diagnosticata per la prima volta nel 1986, nel Regno Unito. Nel corso degli anni, poi, fu appurato che l’insorgenza della malattia è da ricollegarsi, più che all'uso di farine di carne, a modifiche nel processo di produzione delle stesse: per eliminare l'eccesso di grassi si usavano dei solventi potenzialmente pericolosi e/o cancerogeni; sospetti di tossicità sul solvente che li doveva sostituire, fecero sì che se ne abbandonasse l'uso, sostituendolo con un processo di semplice pressione, in cui però le temperature raggiunte non erano più in grado di inattivare i prioni, (come invece avveniva nell'uso di solventi). Nel 1994, la comunità europea mise al bando definitivamente questa pratica evitando, in questo modo, il riciclaggio dell'agente infettante attraverso l'utilizzo di carcasse di bovini malati nella produzione di farine di carne ed ossa destinate all'Alimentazione animale. Nel 2001, poi, la messa al bando, da parte dell’Unione Europea, della bistecca con l’osso, tornata sul tavolo degli italiani nell’ottobre del 2005. Nel 2012, infine, l’UE ripristinò la possibilità di nutrire il bestiame da allevamento con farine animali.Ed è di oggi, infine, la notizia del ritorno a tavola, dopo 15 anni di assenza, della pajata, ricetta tipica della cucina romana, ovvero l’intestino tenue del vitellino da la latte o del bue, utilizzato principalmente per la preparazione di un tipico piatto di pasta.
Ultimo aggiornamento: 23 Marzo 2016
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