Il finocchio selvatico o amaro, scientificamente definito Foeniculum Vulgare, è una varietà di pianta spontanea, perenne, appartenente alla famiglia delle Ombrellifere. L’ambiente d’origine potrebbe essere stato l’Asia Minore o comunque l’Europa Mediterranea, ove è facile trovarlo nei prati o lungo le strade, ma ormai si è diffuso dappertutto sulla Terra, nelle zone a clima temperato.
Ha un profumo molto intenso e raggiunge anche i due metri di altezza col suo fusto ramificato, abbracciato quasi dalle sottili foglie lineari di color verde, ben disegnate e deliziosamente aromatiche, che ricordano il fieno, da cui, appunto, la pianta trae il nome, foeniculum da foenum, e produce in estate 'ombrelle' di piccoli fiori gialli a cui seguono gli acheni, i frutti di color verde che poi divengono grigiastri.
Pur essendo molto diffuso in natura, è molto difficile oggi reperire commercialmente il finocchio selvatico, la cui raccolta è affidata soprattutto all’iniziativa personale degli estimatori in momenti diversi dell’anno:
- dalla primavera all’autunno inoltrato si raccolgono infatti le 'barbe' o foglie ed i teneri germogli;
- la raccolta dei fiori di finocchio selvatico in Italia avviene invece 'a fiore aperto' dalla metà di agosto a settembre inoltrato; tali fiori si possono utilizzare freschi o essiccati all’aperto ma protetti dai raggi solari diretti che farebbero evaporare i preziosi oli essenziali; le 'ombrelle' gialle dei fiori si aprono a giugno ed è importante eliminarle se si vuole evitare che le foglie assumano un sapore amaro;
- i Diacheni, impropriamente chiamati semi, scanalati e ricurvi, rappresentano la parte più interessante della pianta poiché per il loro inconfondibile aroma sono usati per aromatizzare ed insaporire prodotti in vari settori: si possono raccogliere all’inizio dell’autunno, quando è già avvenuta la trasformazione del fiore in frutto.
Della varietà selvatica del finocchio è commestibile dunque ogni sua parte: foglie, steli, semi, ma il grumolo è poco sviluppato rispetto all’omologo del finocchio dolce, che botanicamente è sopravvenuto in un momento storico successivo e solo per l'intervento dell’uomo. Del finocchio selvatico esistono poi due varietà fondamentali, delle quali l’una, subsp. 'piperitum' localizzata in Europa Centrale e Russia, è più 'amara'; l’altra, subsp. 'dulce' detto romano, localizzata da noi in Italia centro-meridionale, è più dolce.
Da un punto di vista strettamente culturale, di questa pianta si hanno notizie fin dalla notte dei tempi, alla lettera: basti pensare che era già presente nel mito di Prometeo: si tramanda infatti che l’Eroe dall’Olimpo, sede degli Dei, abbia portato agli uomini il dono più prezioso, il fuoco, nascosto nel fusto cavo del finocchio. Le prime informazioni sul finocchio, dal punto di vista botanico, risalgono invece alla civiltà assiro-babilonese, ove veniva già utilizzata per alleviare il mal di stomaco e solo più tardi se ne scoprirono le proprietà diuretiche.
Gli Egizi lo avevano tanto in considerazione, da riportarlo spesso nelle scritture dei loro papiri. Nella Grecia Antica si vuole che sia stato così diffuso che dal nome del finocchio, maraton, sia stata chiamata Maratona, Campo dei finocchi, l’intera pianura ove vegetavano i finocchi selvatici, teatro della famosa battaglia fra Ateniesi e Persiani.
L’imperatore Carlo Magno, in ossequio alla medicina erboristica di allora, ordinò che il finocchio fosse coltivato in tutti i giardini erboristici dell’Impero; durante il lungo periodo del
Ed in tema di medicina erboristica, Culpeper, noto erborista del 600, scriveva che "il finocchio elimina l’umore flemmatico con cui il pesce arreca disturbo al corpo", mentre i medici americani ancora nel 1800 lo prescrivevano sia come rimedio digestivo, galattagogo ed emmenagogo, sia per nascondere il sapore sgradevole delle altre medicine.
Intorno al 1500 circa ebbero inizio le prime coltivazioni orticole del finocchio, dalle quali, per successivi miglioramenti selettivi operati dall’uomo, si è evoluto il comune finocchio coltivato, detto anche finocchio dolce, scientificamente definito foeniculum sativum; anzi, per chiarezza e completezza di discorso, è doveroso precisare che gli orticoltori intendono per finocchio la varietà per la quale, mediante selezione, è stato favorito lo sviluppo della guaina.
Il periodo più adatto per dedicarsi alla coltivazione del finocchio è quello che va dalla fine della stagione estiva alla fine dell'inverno. Allo stato dei fatti coesistono pertanto due varietà della stessa specie, rispondenti ad esigenze diverse di mercato.
Il finocchio coltivato, il foeniculum sativum, con fusti carnosi, alla base dei quali c’è un grumolo tondeggiante, che non è un bulbo, di sapore dolce, che si sviluppa subito dopo le radici, fuori terra, per circa 20-30 cm; in tale varietà, rispetto ai corrispondenti selvatici, i fusti sono meno alti e le foglie meno aromatiche; per contro il finocchio selvatico, detto anche amaro, il foeniculum vulgare, non sviluppa grumoli, vegeta spontaneamente e viene raccolto per utilizzarne ogni sua parte: la vegetazione ed i semi come aromi.
Commercialmente è molto più diffusa la prima varietà, nell’ambito della quale i venditori sono soliti distinguere i finocchi maschi, di forma più tondeggiante dei finocchi femmine, di forma più allungata, anche se in tale distinzione non c’è in realtà nulla di scientifico, se non il fatto che quelli tondi e dolci sono più adatti al consumo da crudi, quelli 'allungati' si prestano meglio a vari tipi di preparazioni culinarie.
Il grumolo ha un profumo tutto suo, caratteristico, dato dall’anetolo, uno degli oli essenziali, ed anche il sapore è inconfondibile: simile a quello dell’anice e nel contempo un po' dolciastro, che lo rende molto gradito nel consumo da crudo, in una fresca insalata condita appena da un filo di
Ed a proposito di sapore, il finocchio, oltre che per preparare pietanze a sé stanti o di contorno, veniva e viene tuttora usato in cucina per insaporire i cibi e talvolta anche per coprirne i difetti, anzi, nei tempi addietro (e solo allora… speriamo!) esso, opportunamente tagliato a spicchi, dai cantinieri era offerto ad avventori sprovveduti che si presentavano ad acquistare il vino delle botti; il grumolo infatti contiene sostanze aromatiche tali da rendere gustoso finanche un vino di qualità scadente o addirittura prossimo all’acetificazione: da questa pratica deriva il termine 'infinocchiare' nell’accezione da tutti condivisa.
L’aneddoto ci porta dritti all’argomento dei contenuti, quindi dei nutrienti. Il finocchio rientra nel novero degli ortaggi di colore bianco e come tale è una vera miniera di fibre, che hanno fra l’altro la proprietà di abbassare il livello di
È ricco di acqua, contiene quercitina, un phytochemical capace di rinvigorire il tessuto osseo e di proteggere i polmoni; contiene inoltre minerali come il potassio che ha benefici effetti sul sistema cardio – vascolare, ed ancora contiene oli essenziali che gli conferiscono svariate altre proprietà; è noto infatti come:
- eupeptico, per le sue proprietà aperitive;
- galattogeno, perché stimola la produzione del latte nelle mamme, conferendo allo stesso un sapore dolce e piacevole;
- digestivo e lenitivo, per l’intestino;
- carminativo, perché favorisce l’eliminazione dei gas intestinali.
Del finocchio coltivato si consumano quasi esclusivamente i grumoli ed anzi la parte scelta degli stessi, cioè quella interna, destinata all'alimentazione umana; gli scarti, comprendenti le foglie esterne ed i grumoli che non hanno trovato collocazione al mercato, coerentemente con la più antica mentalità contadina, secondo la quale nulla si butta ma tutto torna utile, vengono destinati alla zootecnia bovina ed in particolar modo, in Campania, ai bufali, migliorando anche i livelli qualitativi del latte, e cioè della materia prima di quella autentica leccornia che è la
Del finocchio selvatico, come già anticipato, si consuma tutto; in cucina, in base alle regioni, è detto anche 'la finocchina' o 'il finocchietto' e serve per le più svariate ricette: si usano i fiori, freschi o essiccati, come anche i frutti, i 'diacheni', comunemente detti semi, e le foglie o barbe.
In particolar modo i semi servono ad aromatizzare dolci, biscotti, taralli, a speziare vino; si accompagnano bene a tutte le carni grasse, ed in particolare a quelle di maiale, che rendono più digeribili; si usano altresì per profumare l’acqua in cui vengono lessate le castagne, per profumare olive nere e fichi secchi; ottimo per condire il
Inoltre il vino che si ottiene macerando per una decina di giorni 150 g di semi di finocchio in un litro di ottimo bianco, opportunamente filtrato, favorisce la Digestione e riduce le flatulenze. Una bella tisana dolce di semi di finocchio poi, anche corretta da qualche goccio di grappa, conclude spesso abbondanti pasti proteici in Val d’Aosta rivelando tutta la sua utilità. E non finisce qua!
Per combattere l’alitosi evidenziano tutta la loro utilità gli sciacqui di infuso ottenuto con 20 gr di semi di finocchio in un litro d’acqua; e del resto presso le popolazioni orientali i semi vengono masticati a fine pasto, sia per favorire la digestione che per addolcire l’alito; ed in fondo anche da noi masticare tali semi aiuta a combattere l’alito pesante. Per alleviare l’afonia è ottimo un infuso di 5 gr di semi triturati in una tazza di latte bollente per 10 minuti: filtrare e dolcificare con miele.
Nelle ritenzioni idriche di qualsivoglia origine e localizzazione, sempre sotto guida e controllo di persone ben qualificate, è utile la tisana delle cinque radici, diuretica e aperitiva: miscelare in parti uguali 20 gr di radici secche di finocchio, pungitopo, appio, asparago e prezzemolo per litro di acqua bollente. I semi infatti, contengono:
- svariati oli essenziali: il trans-anetolo, in dose elevata, fencone dal sapore amaro, l’estragolo, idrocarburi monoterpenici; tali oli in soggetti predisposti potrebbero anche provocare manifestazioni allergiche a carico della pelle o delle vie respiratorie.
- olio fisso, e soprattutto acido petroselinico, acido oleico elinoleico, tocoferoli;
- flavonidi, ed in prevalenza quercetin-3-O-beta-glucuronide, isoquercetina, rutina, quercetin-3-arabinoside; proteine; umbelliferone;
- vitamine: poche in verità;
- minerali come calcio e potassio, in abbondanza.
È proprio grazie all’azione di tutti questi componenti che i semi sono stati sempre considerati un’autentica panacea, con proprietà curative anche più numerose dello stesso grumolo del finocchio: emmenagogo, diuretico, antiemetico, aromatico, antispasmodico, anti-infiammatorio, epatico.
Gli infusi a base di semi di finocchio, proprio per l’assenza di effetti collaterali, sempre sotto controllo medico per quanto riguarda modalità e quantitativo di somministrazione, vengono ancora usati nell’infanzia per ridurre il Meteorismo intestinale, proprietà peraltro già nota ai medici della Scuola Medica Salernitana che nel Regimen Sanitatis così si esprimevano:
De Semine Foeniculi | I semi di finocchi |
Semen foeniculi fugat et spiracula culi. |
Del finocchio le sementi |
Ed ancora, in tema di bellezza, ecco l’infuso di finocchio - 10 gr di finocchio essiccato lasciato in infusione in 100 gr di acqua bollente per 20 minuti - consigliato come lozione del viso per pelle a tendenza grassa, è altrettanto efficace per lavare capelli untuosi che rende brillanti e leggermente profumati; è da evitare tuttavia su pelli sensibili, su cui potrebbe provocare problemi allergici.
E dunque?! A tutti buona degustazione di quest’ottimo ortaggio, che è anche una bella frutta, gustosa ed economica, buona minestra di finocchio selvatico e quant’altro, ma sempre nell’ottica della