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Complesso di Edipo: il desiderio dell'altro proibito

Complesso di Edipo: il desiderio dell'altro proibito

Introdotto per la prima volta da Freud, il Complesso di Edipo rappresenta il desiderio del proibito, pericoloso per l'integrità psichica.

Il Complesso di Edipo, di classica matrice freudiana, trae spunto dalla narrazione tramandata dalla mitologia greca. Essa è nota: Edìpo (dal greco, èdipo dal latino) sposa sua madre Giocasta e uccide suo padre Laio, in seguito a varie vicissitudini di profezie e di enigmi che segnano la sua esistenza.

È sottesa la questione dell'attrazione per l''altro' proibito, anche se evidentemente misteriosamente inconscia, in quanto Edipo non è a conoscenza di chi siano i suoi veri genitori. L'intreccio e l'intrigo del 'romanzo' mitologico offrono a Freud la possibilità di dare un titolo, una denominazione concettuale ad un fenomeno psichico che egli coglie in alcune tipologie comportamentali presenti nelle storie dei suoi pazienti, fenomeno destinato a divenire una delle sue prime grandi intuizioni: la questione del desiderio dell'altro proibito.

A sua volta, tale concettualizzazione diviene un caposaldo per un capovolgimento interpretativo e per la realizzazione di un impianto assolutamente differente dalle precedenti elaborazioni: il passaggio dalla concezione realistica (basata sul reale accadimento) degli eventi soggettivi, ad una più elaborata concezione basata, invece, sulla percezione fantasticata del fatto ritenuto come reale.

In entrambi i casi il fatto, che sia reale o desiderato (= in 'effige'), è comunque collegato ad una seduzione (attrazione) che mina l'integrità psichica, portandone conseguenze traumatiche: nel primo, essa è effettivamente subita e nel secondo si ha la fantasia che essa sia successa; ossia: dal Trauma reale dell'evento seduttivo effettivamente accaduto si passa alla possibilità del Trauma seduttivo fantasticato e desiderato e, quindi, accaduto 'realmente' solo nel vissuto psichico e rintracciabile nell'evocazione del rimosso, come del resto nell'altro caso.

Cioè, si desidera che la cosa accada e si finisce per ritenere che sia effettivamente accaduta e ci si comporta (psichicamente e non solo) di conseguenza. Al desiderio dell'altro si arriva perché nella storia evolutiva di ognuno di noi, dopo i primi desideri di carattere orale e anale nel bambino, in cui vi è un'erotizzazione di parti del corpo investite di significato, il successivo desiderio è rivolto ad un soddisfacimento 'circolare' rispetto ai precedenti, in quanto investe il rapporto non solamente duale (con la madre) ma incorpora anche la figura paterna in una triade relazionale.

In questo caso è l'altro che viene erotizzato. Nasce, così, la triangolazione con il terzo elemento: il padre. Esso costituisce – o dovrebbe costituire – la regola, la norma: è il 'terzo regolatore' (e la sua introiezione costituirà il Super-Io futuro). In tale nuova relazione a tre, il genitore del sesso opposto entra a pieno titolo nel mondo del 'desiderato': non più desiderio di accudimento o di reciprocità, bensì desiderio di possesso in nome di una pulsione erotica finalizzata all'esclusione dell'altro omologo.

Apparentemente un controsenso: si cerca il terzo per creare la completezza (la 'regolarizzazione') della relazione e si estromette il secondo elemento ricreando in tal modo – di nuovo - una coppia, solo che si spostano i termini degli elementi combinatori di essa. Ma questo è: non si desidera più (libidicamente) il genitore dello stesso sesso, ma l'investimento è sulla coppia eterosessuale.

Ed è un bene che sia così, perché si perde l'onnipotenza narcisistica omosessuale per passare, appunto, all'identificazione eterosessuale e alla 'regolarità' relazionale, che è così normata da intenti evolutivi, o che dovrebbero essere tali. Dunque, ben vengano (psichicamente) le sostituzioni dell'altro originario: l'importante è che l'altro, il sostituto, sia solamente ed assolutamente un sostituente psichico destinato ad indirizzare le scelte future.

Ossia, la 'mamma' desiderante e desiderata deve essa stessa porsi, ed essere dal figlio colta, quale stimolo per un sano desiderio (e amore), affinché esso, crescendo, possa cercare, e trovare, la 'sua' mamma nella propria vita relazionale, 'mamma' che diventa - ora a pieno titolo – la sua 'donna' (e non quella del papà). E così per il papà con la figlia.

Concretamente, il desiderio per la 'mamma' e il 'papà' deve essere trasformato in motivazione verso la propria ricerca, a partire, appunto, dall'originario desiderio e, dunque, tutto deve stare nel vuoto frustrante dell'attesa. E, dunque, che cosa succede se le cose non vanno in tal modo? Nel caso della seduzione realmente avvenuta, siamo nel campo della perversione patologica della malattia mentale e si esce dalle presenti considerazioni.

Nel caso, invece, del mancato superamento dell'introiezione normativa (non si può!), si è soggetti a tutta quella serie di turbamenti e difficoltà relazionali ed affettive note come Sindrome del 'Complesso edipico'. È questo il vero inghippo: in questa situazione problematica, l'altro ('mamma' o 'papà' della triade originaria) non è considerato il modello a cui tendere in aspirazione di similitudine e di differenziazione, ma diventa lei/lui l'oggetto del desiderio impossibile perché interdetto, e tale desiderio diventa - appunto perché non soddisfacibile - fonte di sofferenza, fintanto che non si trova una via d'uscita nello spostamento del desiderio su una donna o un uomo (o oggetto o situazione) altrettanto proibiti.

E così si desidera il proibito: persone e cose alle quali non si dovrebbe avere accesso in base ad un sano sviluppo evolutivo rispetto al divieto e al permesso, e anche rispetto alla capacità di non dover essere psicologicamente e 'patologicamente' costretti a 'rubare'. Ma in taluni casi rubare è molto più facile che costruire e ciò avviene, generalmente, per chi non ha fatto i conti con l'invidia psicologica da un lato e, dall'altro, con la capacità di tollerare la frustrazione della perdita e della 'sconfitta' subita nell'originario triangolo.

Solo con il superamento di tali condizioni è possibile 'non portar via', in nome non solamente di un sano funzionamento psichico ma anche in nome di una corretta evoluzione delle cose, senza inversioni e manomissioni dell'ordine naturale. Oltre tutto, un'errata interpretazione del desiderio malato lede la libertà ontologica e psicologica della scelta per sé, diventando una scelta coatta di altrettanta sofferenza.

A cura di:
Prof.ssa Grazia Aloi
Specialista in Psicologia e Psicoterapia e Sessuologia

Ultimo aggiornamento: 01 Marzo 2021
6 minuti di lettura

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