Il proliferare di falsi test diagnostici di “intolleranza o allergia alimentare” non validati dalla comunità scientifica ha generato negli ultimi anni molta confusione nella popolazione e false aspettative di dimagrimento soprattutto nei soggetti in sovrappeso e obesi, con il rischio di incorrere in gravi carenze nutrizionali. Per aiutare i cittadini a riconoscere le bufale nascoste dietro al business dei falsi test, che si aggira attorno ai 3 milioni di euro, l’Associazione italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica - ADI, in collaborazione con le maggiori Società scientifiche ha elaborato un decalogo (validato dal Ministero della Salute) con i consigli da seguire per evitare di incorrere in false diagnosi e falsi professionisti.
Alimentazione, allergie e intolleranze: i consigli degli esperti
“Sempre più spesso ci troviamo di fronte a casi di pazienti disorientati e in sovrappeso che si rivolgono al medico convinti di essere intolleranti a determinati alimenti, solo perché accusano gonfiore addominale e scarsa digeribilità” spiega Antonio Caretto, presidente ADI. “Il più delle volte questi pazienti si presentano con i risultati di test non validati e dopo aver seguito delle diete selettive assolutamente prive di efficacia e soprattutto dannose proposte da personale non ascrivibile all’ambito sanitario. Il decalogo vuole essere per la popolazione uno strumento di prevenzione e orientamento che li aiuti a capire a chi rivolgersi prima ancora di ricorrere, senza una prescrizione medica, a inutili e costosi test”.
“L’uso inappropriato di questi test, eseguiti perlopiù su campioni biologici come sangue, saliva, capelli può determinare un rischio nutrizionale altissimo per la salute” commenta Barbara Paolini, vicesegretario ADI. “Le diete che escludono determinati alimenti, se non adeguatamente gestite e monitorate da un professionista sanitario competente, possono comportare un rischio nutrizionale non trascurabile soprattutto nei bambini. Ricordiamo soprattutto ai genitori che si affidano a questi test e autoescludono degli alimenti come latte o grano dalla dieta del bambino, che la diffusione delle diverse intolleranze alimentari è legata in gran parte alle abitudini di vita. Non a caso in Italia le reazioni più diffuse sono quelle legate al latte, al grano, l’uovo e la soia”.
Le dieci regole per gestire le intolleranze alimentari
- Le intolleranze alimentari non sono responsabili di sovrappeso e obesità, che sono condizioni causate prevalentemente da uno stile di vita inadeguato. Le intolleranze alimentari “vere” sono poche e possono indurre disturbi gastrointestinali o di altro genere.
- No all’autodiagnosi e ai test effettuati direttamente presso i centri laboratoristici senza prescrizione medica. Se si sospetta una reazione indesiderata a seguito dell’ingestione di uno o più alimenti è necessario rivolgersi al proprio medico, che valuterà l’invio allo specialista medico competente. Lo specialista è in grado di valutare quali indagini prescrivere per formulare la diagnosi più corretta.
- Non rivolgersi a personale non sanitario e attenzione a coloro che praticano professioni sanitarie senza averne alcun titolo. Spesso i test non validati per la diagnosi di intolleranza alimentare, vengono proposti da figure professionali eterogenee, non competenti, non abilitate e non autorizzate, anche non sanitarie. Non effettuare test per intolleranze alimentari non validati scientificamente in centri estetici, palestre, farmacie, laboratori o in altre strutture non specificatamente sanitarie. Solo il medico può fare diagnosi.
- Diffidare da chiunque proponga test di diagnosi di intolleranza alimentare per i quali manca evidenza scientifica di attendibilità. I test non validati sono: dosaggio IGg4, test citotossico, Alcat test, test elettrici (vega‐test, elettroagopuntura di Voll, bioscreening, biostrengt test, sarm test, moratest), test kinesiologico, dria test, analisi del capello iridologia, biorisonanza, pulse test, riflesso cardiaco auricolare.
- Non escludere nessun alimento dalla dieta senza una diagnosi e una prescrizione medica. Le diete di esclusione autogestite, inappropriate e restrittive possono comportare un rischio nutrizionale non trascurabile e, nei bambini, scarsa crescita e malnutrizione. Possono, inoltre, slatentizzare disturbi alimentari. Quando si intraprende una dieta di esclusione, anche per un solo alimento o gruppo alimentare, devono essere fornite specifiche indicazioni nutrizionali, per assicurare un adeguato apporto calorico e, di macro e micronutrienti.
- La dieta è una terapia e pertanto deve essere prescritta dal medico. La dieta deve essere gestita e monitorata da un professionista competente per individuare precocemente i deficit nutrizionali e, nei bambini, verificare che l’accrescimento sia regolare.
- Non eliminare il glutine dalla dieta senza una diagnosi certa di patologia glutine correlata. La diagnosi di tali condizioni deve essere effettuata in ambito sanitario specialistico e competente, seguendo le linee guida diagnostiche.
- Non eliminare latte e derivati dalla dieta senza una diagnosi certa di intolleranza al lattosio o di allergie alle proteine del latte. La diagnosi di intolleranza al lattosio o allergie alle proteine del latte deve essere effettuata in ambito sanitario specialistico e competente, tramite test specifici e validati.
- A chi rivolgersi per una corretta diagnosi? Medico (dietologo, medico di medicina generale, pediatra di libera scelta, allergologo, diabetologo, endocrinologo, gastroenterologo, internista, pediatra).
- Non utilizzare internet per diagnosi e terapia. Il web, i social network e i mass media hanno un compito informativo e divulgativo e non possono sostituire la competenza e la responsabilità del medico nella diagnosi e prescrizione medica.
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